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Situazione traffico / 1 (ore 11.03)
Traffico regolare in molte città del Nord-Ovest. Dove gli autobus dell’autolinea PD avrebbero già superato i 50 km/h a Monza, Alessandria e, probabilmente, pure ad Asti. Il pullman dell’autolinea medesima potrebbe superare la soglia dei 50 km/h anche a Como. Mentre a Cuneo viaggia più spedito il bus dell’autolinea rivale.
Nessuna novità di rilievo da Genova e Palermo. La macchinina targata DO nel capoluogo ligure, e quella targata OR in quello siciliano, viaggiano spedite ben oltre i 50 km/h. Come da copione.
Traffico impazzito a Parma. La penultima rilevazione dell’autovelox, che risale a lunedì scorso, dava la macchinina targata PI solidamente in vantaggio su quella targata BE. Ma nelle ultime quarantott’ore la situazione si sarebbe leggermente modificata. Certo, i rilevatori danno sempre avanti l’autovettura targata PI. Però quella targata BE avrebbe ripreso a correre. E si sarebbe avvicinata un po’.
Domanda: un po’ quanto? La risposta alle 15. O giù di lì.
Situazione traffico /1 (ore 12.15) . Per viaggiare informati.
A Verona, traffico regolare. La macchina targata TO potrebbe già aver superato i 50 km/h.
Situazione regolare anche a Genova. Dove la macchina targata DO, che marcia a una velocità variabile tra 48 e 53 km/h, potrebbe anche arrivare a destinazione già oggi. Potrebbe.
Traffico molto intenso, intensissimo, a Palermo. Nel capoluogo siciliano la macchina targata OR viaggia a una velocità superiore rispetto a quella delle auto targate FE e CO. Lì si arriverà a destinazione tra due settimane, ovviamente. Ma pare che il titolare della macchinina targata OR abbia già prenotato uno dei due posti liberi in hotel. Rimane da vedere, nel caso, chi si – tra il conducente dell’autovettura targata FE e l’autista della macchinina targata CO – si aggiudicherà il secondo posto vacante.
Viaggiate informati.
Lo spettro del bis di Napoli. Palermo apre l’ultima conta nel Pd.
di Tommaso Labate (dal Riformista del 6 marzo 2012)
«Leoluca Orlando vuole candidarsi a sindaco. Là finisce male». Il peggiore degli incubi di Pier Luigi Bersani prende forma alle 8 di sera, prima che a Palermo finiscano di controllare i verbali del voto che ha premiato Fabrizio Ferrandelli.
Per il leader del Pd è il giorno più duro da quando è alla guida del partito. Il giorno in cui la resa dei conti sul futuro della «ditta» – si va col centrosinistra alle elezioni del 2013 oppure si punta sul replay del governo Monti? – entra ufficialmente nel vivo.
Quando guadagna l’ingresso del centro congressi di Piazza Montecitorio per partecipare insieme a Pierferdinando Casini alla presentazione di un libro su Angelo Vassallo, Bersani prova un estremo tentativo di mediazione. «Le primarie vanno fatte», certo. «Ma si devono fare meglio». Segue citazione presa in prestito dal mastodontico bouquet di Mao, «le primarie non sono un pranzo di gala». Fino alla stoccata con cui prova a rispondere a chi – dai veltroniani ai lettiani – aveva chiesto sin dalla mattinata l’archiviazione definitiva dell’alleanza con Italia dei Valori e Sinistra e libertà. «Non so cosa c’entri la foto di Vasto con Palermo», mette a verbale «Pier Luigi».
Tutto inutile. Neanche un’ora dopo, in un’intervista rilasciata al Tg3, il vicesegretario riapre la contesa. «Dopo il Governo Monti nulla sarà più come prima», scandisce Letta. «Il tema di Vasto è messo da parte come tutto ciò che appartiene alla fase precedente al governo Monti. A mio avviso l’errore della Borsellino è stato quello di dire chiaramente che lei stava dentro quello schema politico. Penso si debba essere molto più attenti e molto più larghi».
È l’apertura ufficiale di una crisi che, nella migliore delle ipotesi, porterà il partito a una conta. E, nella peggiore, a una scissione. Veltroni, che gioca di sponda con Letta, per adesso tace. Ma ai suoi collaboratori più stretti l’ex segretario ha affidato parole chiare: «Non possiamo andare avanti in questo stato di incertezza. Ma vi pare normale che il Pd non sia riuscito a sciogliere una volta per tutte il tema del sostegno del governo Lombardo in Sicilia? Serve un chiarimento immediato». La convocazione della Direzione, che Giorgio Tonini chiede di buon mattino. Oppure, è la soluzione indicata da «Walter», quella «di un’assemblea nazionale».
Impossibile, dopo Palermo, nascondere la polvere sotto un tappeto. «Vasto, non Vasto… Al tempo giusto le alleanze nella politica di domani non potranno non farsi sui sì e sui no alle varie politiche di governo oggi», insiste Letta. «Il Pd chiuso a sinistra perde la sua sfida riformista», incalza il veltroniano Walter Verini. «Il problema del Pd è nazionale. Discutiamone», aggiunge Paolo Gentiloni.
I bersaniani provano a reagire colpo su colpo. «È indecente che si cerchi di strumentalizzare i risultati delle primarie di Palermo per vicende nazionali», è la replica piccata del giovane responsabile Cultura Matteo Orfini. Bersani, tolta l’apparizione pubblica alla presentazione del libro su Vassallo, sceglie il silenzio. Ma gli uominidella sua segreteria ne hanno per tutti. Per Sergio D’Antoni e per il segretario siciliano Giuseppe Lupo, che avrebbero minato alle fondamenta «ogni possibilità di accordo con l’ala del Pd che sosteneva Ferrandelli» (e il governatore Lombardo). Per Enrico Letta, che avrebbe dirottato «i suoi voti nel capoluogo al candidato che ha sconfitto la Borsellino». E soprattutto per Leoluca Orlando, che «in queste ore starebbe meditando di candidarsi a sindaco».
Fossero confermati i più oscuri presagi del segretario e della sua cerchia ristretta, il Pd si troverebbe di fronte a uno scenario addirittura peggiore di quello che si materializzò a Napoli l’anno scorso, quando la sfida tra Cozzolino e Ranieri venne annullata per far spazio alla candidatura del prefetto Morcone, scalzato poi da Luigi de Magistris al primo turno. E i segnali che arrivano dall’Isola vanno in questa direzione. Bersani dice che il Pd sosterrà il vincitore delle primarie? Orlando, intervistato dalla trasmissione di RaiTre Agorà, insiste sulle «primarie truccate» e rilancia: «Comunque vada noi sosteniamo e sosterremo Rita Borsellino». È l’inizio dell’ultima grande guerra. Il tutto mentre, a Palermo, la vittoria di Ferrandelli sta per essere ufficializzata. Anche se, ammettono dal comitato del giovane candidato, Borsellino potrebbe impugnare l’arma dei ricorsi. «Magari rivolgendosi direttamente al Tar…».
Monti premier o foto di Vasto. Il Pd (e anche Angelino Alfano) si gioca tutto a Palermo.
di Tommaso Labate (dal Riformista del 18 febbraio 2012)
Dal tramonto di «Roma 2020» all’ascesa di «Palermo 2012». Nei giorni in cui la Capitale ha visto sfumare il sogno olimpico, il capoluogo siciliano s’è guadagnato la finalissima di una partita che probabilmente segnerà le sorti della politica italiana. Perché stavolta non si tratta solo di delineare una semplice tendenza. Stavolta dalle urne palermitane potrebbe venir fuori, oltre al sindaco della città, anche l’assetto con cui i partiti si presenteranno alle elezioni del 2013.
L’ha capito benissimo Angelino Alfano, che la settimana scorsa s’è presentato da Pier Ferdinando Casini invocando il soccorso del Terzo Polo. Perché «le cose in Sicilia si stanno mettendo male». E soprattutto, ha aggiunto il leader del Pdl, «perché se perdo le amministrative sono morto, nel partito mi sbraneranno i falchi». Ma l’ha capito anche Pier Luigi Bersani. Consapevole che, tra le primarie del 4 marzo e le elezioni vere e proprie, la sua leadership si trova di fronte a un campo minato che non ammette remake del film andato in scena a Genova. Uno degli uomini più vicini al segretario del Pd la spiega così: «Cominciamo dalle primarie. Se vince la Borsellino diranno che è merito di Vendola. Se perde, invece, si dirà che è colpa nostra». E non è tutto. Se la Borsellino vince le primarie e perde le elezioni, «allora gli oppositori interni faranno a gara per sottolineare come il centrosinistra senza il Terzo Polo non va da nessuna parte. Non ci resta che sperare nel filotto. Rita che vince le primarie, Rita che diventa sindaco».
Forse sia i fedelissimi di Alfano sia i bersaniani difettano d’ottimismo. Ma una cosa è certa: tanto «Angelino» quanto «Pier Luigi» si aspettano che, da un’eventuale sconfitta di Palermo, possa scaturire un terremoto nei rispettivi partiti. Il che vorrebbe dire «licenziamento in tronco» nel caso del primo, la cui leadership è già ammaccata dal caso delle tessere false nel congresso; e l’apertura di un percorso che porterà al congresso anticipato nel caso del secondo. Con Casini che rimane alla finestra pronto ad accogliere tutti coloro (e ce ne sono, sia nel Pdl che nel Pd) che puntano a replicare la grande coalizione attorno a Monti anche nella prossima legislatura.
Che a Palermo si finirà a schifìo, per usare la sintesi di una video-ricostruzione che Pietrangelo Buttafuoco ha affidato al sito del Foglio, lo si capisce dalle intricatissime condizioni di partenza. E dal fatto che le formazioni ai blocchi di partenza dipenderanno dalle altrettanto intricate primarie del Pd del 4 marzo. Il tridente Bersani-Vendola-Di Pietro sostiene Rita Borsellino. I Democratici che spingono per mantenere in vita il patto regionale col governatore Raffaele Lombardo (da Giuseppe Lumia ad Antonello Cracolici) puntano invece sulla candidatura del trentenne Fabrizio Ferrandelli, che viene dall’Italia dei Valori. In pista c’è anche Antonella Monastra, consigliere comunale molto in vista in città, ex sostenitrice della Borsellino. E soprattutto un outsider di lusso, il deputato all’Assemblea regionale Davide Faraone, che conta sulla sponsorizzazione di Matteo Renzi (oggi il sindaco di Firenze sbarcherà a Palermo) e su una parte dei voti della Cgil.
In Sicilia dicono che, in caso di vittoria della Borsellino, l’ala “lombardiana” (nel senso di Raffaele) del Pd potrebbe abbandonare la casa madre (Cracolici, però, ha preventivamente smentito) per sostenere il candidato del Terzo Polo (il presidente del Coni regionale Massimo Costa?). Sia come sia, solo a quel punto il Pdl potrebbe dare il disco verde alla candidatura di Francesco Cascio. E non è tutto. La campagna delle primarie del centrosinistra è partita nel peggiore dei modi. Faraone, che a tutti gli effetti è l’unico iscritto al Pd della coalizione, ha denunciato i finanziamenti del partito nazionale alla campagna della Borsellino. E Renzi, oggi, potrebbe rilanciare quelle stessa accuse che, tra l’altro, hanno già fatto breccia tra i veltroniani.
Il sito Qdr.it (Qualcosa di riformista), pensatoio di riformisti vicini a «Walter», si chiedeva ieri: «Il Pd bara a Palermo? È vero che alle primarie il Pd finanzia la Borsellino contro Faraone, cioè una che non è del Pd contro uno che è del Pd?». Il tesoriere Antonio Misiani ha messo nero su bianco una smentita ufficiale. Ma l’;accenno di polemica è la spia che questa partita, che non è ancora neanche iniziata, può provocare un terremoto. E decidere, paradossalmente, quale partito tra Pdl e Pd franerà per primo. Aprendo definitivamente il dibattito sul replay nel 2013 di Monti a Palazzo Chigi.