tommaso labate

Primum scindere (perché il Pd deve tornare ai Ds, alla Margherita, al Partito di Renzi, se nascerà)

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A qualcuno era abbastanza chiaro da prima. Ora lo dicono un po’ tutti, dopo la sconfitta del 4 marzo, che il Pd deve ritrovare la propria identità.

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Domanda: ce l’ha mai avuta, un’identità, il Pd? Un’identità che andasse oltre il sostegno al leader di turno (non solo Renzi, attenzione, il “problema” c’era anche con Veltroni e Bersani) o il riconoscersi in una cerchia di potere (veltroniani, bersaniani, renziani) piuttosto che nelle altre che stavano di volta in volta in minoranza (dalemiani, bersaniani e chissà, da domani, renziani); un’identità che irrobustisse le idee di futuro invece che scioglierle dietro formule (dalla “vocazione maggioritaria” della campagna del 2008 al “senza di me” odierno, riferito al no secco a qualsiasi governo); un’identità che magari riducesse il bacino elettorale ma che consentisse, a chi vi si riconosceva, di dire “sì, cazzo, sono del Pd per questo, questo e quell’altro”.

La mia opinione? No, non l’ha mai avuta.

La prova? Nei primi anni della propria storia, molto prima che arrivasse Renzi, il Pd si ritrovò a fare i conti col radicale cambio delle relazioni industriali impresso dai nuovi contratti Fiat di Marchionne. Uno avrebbe detto: “Che colpo di cu.o, nasce un partito del lavoro e ha già l’occasione storica di dire la sua su un cambiamento drastico nel mondo del lavoro”. E invece nulla. A distanza di anni non ho capito come la pensasse il Pd su quell’aspetto decisivo del rapporto tra capitale e lavoro, tra padrone e operaio. Ma questo è solo uno dei mille esempi che si potrebbero fare.

Semplificare due tradizioni – quella post-comunista e quella cattolica popolare – in una sigla, Pd, doveva essere la molla per provare a prendere più voti. Invece, fate bene i conti, il Pd è stato uno dei partiti più perdenti della storia dei partiti. E persino la sua più grande vittoria, quella delle Europee, s’è rivelata più dannosa della peggiore delle sconfitte.

E adesso? Chi nasce tondo non può morire quadrato, dicono in Sicilia. A un partito nato e cresciuto senza identità, un’identità non gliela puoi dare ora che ha dieci anni e più. Convivono due o più identità nel centrosinistra? Bene, che ciascuno ritorni da dov’era venuto o che si piazzi dove ritiene di dover stare ora. E che poi ci si allei alle elezioni, se ciò che unisce è superiore a ciò che divide.

Tutto il resto sono cose magiche. Formule magiche, cerchi magici, gigli magici. Ma la magia, in politica, non funziona.

(Altrimenti Silvan avrebbe guidato più governi di Andreotti).

#direzionePd

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Written by tommasolabate

12 marzo 2018 at 13:04

Quel pezzetto di una libertà di tutti.

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Qualcuno dirà gli sprechi, i soldi rubati, i tagli sconsiderati, le riforme mai fatte o, peggio ancora, fatte male. Tutto vero.

Ma il livello di bassezza raggiunto dalla quella politica che nel 2004 approvò la legge 40 sulla fecondazione assistita, per quanto mi riguarda, è ancora insuperato.

Perché, da quel giorno, l’Italia è stata un paese meno libero.

Oggi, con la sentenza della Consulta che abolisce il divieto di fecondazione eterologa, un pezzetto di quella libertà ci è tornata indietro.

E forse è un giorno bello per le donne, per gli uomini, per i bambini.

Per tutti noi, secondo me. 

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Written by tommasolabate

9 aprile 2014 at 11:54

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Ma al posto dell’Italicum, v’aspettavate un Leopoldum?

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Sinceramente non si capiscono i toni di chi si scandalizza perché l’ultima versione dell’Italicum è poco “renziana”.

Matteo Renzi non fa più il padrone di casa della Leopolda o il candidato alla segreteria del Pd. Fa il presidente del Consiglio, tra l’altro di un governo che non è diretta emanazione di un risultato elettorale.

Trovare un accordo che sulla riforma che tenga insieme la maggioranza e convinca anche la principale forza di opposizione con cui s’era avviato il dialogo è il suo mestiere. E l’lha fatto benissimo, visto che l’obiettivo è praticamente stato raggiunto. Come meglio non poteva.

Dite che la legge è poco “renziana“? Scusate, ma per caso avete mai visto aggirarsi per la Leopolda Alfano, o Quagliariello o Berlusconi? Il Parlamento questo era e questo rimane. Che cosa vi aspettavate di diverso? Un Leopoldum?

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Written by tommasolabate

4 marzo 2014 at 16:56

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Renzi, ahilui, aveva una sola strada. Questa.

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La verità? Trovo davvero singolare la critica che molti tifosi e osservatori “renziani” – soprattutto quelli che solitamente facevano seguire all’aggettivo le tre paroline magiche “della”, “prima” e “ora” – sembrano rivolgere direttamente o indirettamente al sindaco di Firenze. In sintesi, il loro appunto è questo. Caro Matteo, dovevi andare a Palazzo Chigi solo dopo essere passato dalle urne.

Firenze, Matteo Renzi ed Enrico Letta a Palazzo Vecchio

Mettiamo che con la legge elettorale vigente, di fatto un proporzionale puro, Renzi fosse andato alle elezioni. E mettiamo che alle elezioni, togliendo la camicia bianca di Bruce Wayne e infossando la maschera e il mantello del suo alter ego (di Wayne) Batman, il Pd avesse ottenuto un risultato positivo oltre ogni immaginazione, diciamo il 38 o anche il 40 per cento. Con quel risultato forse (e sottolineo forse) Renzi sarebbe riuscito ad andare a Palazzo Chigi. Di sicuro, subito dopo le elezioni, sarebbe finito tra la padella dell’accordo con Berlusconi e la brace di un altro eterno streaming col Movimento Cinquestelle. Segno che, a conti fatti, gli conviene più andarci ora, con Alfano, Scelta Civica, i Popolari di Mauro, qualche leghista, qualche Sel, qualche pentastellato, un quarto di qualche scilipoti, mezzo razzi e soprattutto con l’intero Pd.

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A quelli che “mica ora, Matteo doveva aspettare l’approvazione dell’Italicum e solo dopo andare al voto” non vorrei neanche rispondere. Ma, se proprio si deve rispondere, lo si può fare con una domanda. Ma davvero pensate che Berlusconi confezioni una qualsiasi riforma che mandi Renzi a Palazzo Chigi? Davvero pensate che il Cavaliere, che ha alle spalle una quindicennale esperienza di tavoli imbastiti e poi fatti saltare, – per citare Enrico Letta – “ci abbia scritto in testa Jo Condor”?

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Morale della favola? Per andare a Palazzo Chigi, Renzi ha una sola strada. Andarci come Scelba o Fanfani, Spadolini o Craxi, D’Alema o Letta. Sulla base, cioè, di quella democrazia parlamentare prevista da quella stessa Costituzione che molti critici di Renzi definiscono “la più bella del mondo”, di quella che portano in piazza, di quella per cui si sono incatenati e imbavagliati per le strade o a Palazzo. L’altra via, arrivarci dopo un’indicazione più o meno diretta del popolo, com’è capitato nella storia soltanto a Romano Prodi o a Silvio Berlusconi, per adesso gli è preclusa. E non per colpa sua.

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Sulla lealtà, la disciplina di partito, i rapporti umani, sul rapporto con Letta, insomma, rimando alla definizione che Mao Tse-tung dava della rivoluzione, e che va bene anche per i grandi cambiamenti della politica. “Non è un pranzo di gala. Non è un’opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità”.

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Letta, semmai, va risarcito in altro modo. La maniera con cui sta combattendo a viso aperto dimostra che era errata la vulgata che lo voleva, e lo vuole, pargolo dell’alta burocrazia di Stato, allievo dei papaveri della Prima Repubblica, democristiano. Tutto sembra, soprattutto in queste ore, meno che il “nipote di”. E di questo, secondo me, bisogna dargli atto.

Written by tommasolabate

13 febbraio 2014 at 11:55

Il pregio dell’impunità.

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La cosa più triste di questi ultimi due giorni alla Camera è che non uno di questi “signori” che hanno insultato, offeso e impedito agli altri di parlare, non uno di costoro ha o avrebbe mai avuto il coraggio di avere questi comportamenti al di fuori della Camera dei deputati.

Neanche uno.

Si sono comportati così proprio perché protetti dal potere, dal fatto di essere “onorevoli” e non più semplici cittadini, perché sicuri dell’impunità.

Proprio così, dall’impunità.

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Written by tommasolabate

31 gennaio 2014 at 15:44

Giulia Ligresti, nipote di Mubarak.

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Il parallelo tra la nota telefonata di Berlusconi alla Questura di Milano e le note telefonate intercettate del ministro Cancellieri sul caso Ligresti non ha alcun senso.

Innanzitutto, la prima provoca immediatamente la liberazione di Ruby. Al contrario, tra la prima telefonata della Cancellieri e la scarcerazione di Giulia Ligresti passa più di un mese.

Secondo, tra la telefonata di Berlusconi e la liberazione di Ruby c’è un nesso diretto (Silvio chiama, Ruby esce dalla Questura insieme a Nicole Minetti). Nesso diretto che invece nel secondo caso non c’è né potrebbe esserci, visto che nessuno degli interlocutori della Cancellieri – a cominciare dal vicecapo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziario (Dap) –  ha il potere di scarcerare la Ligresti .

Terzo, dopo che Silvio telefona, Ruby torna a passeggiare libera per le strade di Milano. Al contrario di Giulia Ligresti, che è passata dal carcere agli arresti domiciliari.

 

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Written by tommasolabate

4 novembre 2013 at 08:59

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Ma che ci facevano Bradley e Lou Reed alla Leopolda?

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Non mi ricordo se c’è anche nel libro di Moravia. Ma nell’omonimo film di Bertolucci, tratto appunto da “Il conformista” di Moravia, questa frase c’è senz’altro. A un certo punto al protagonista, interpretato da Jean-Louis Trintignant, fanno una domanda tipo “ma perché ti ostini a voler essere così uguale agli altri?”. Adesso non ricordo se la frase successiva era la replica di Trintignant o se quello della domanda aveva dato anche la risposta. Una risposta – non è testuale, cito a memoria – che suonava più o meno così. “Quando per strada incroci una bella donna, una volta superata ti giri per guardarle anche il culo. Pensi di essere il solo a farlo. Ma quando scopri che lo fanno tutti, be’, ti senti meglio”.

Ho ripensato a questa frase domenica, durante un lungo viaggio in treno, mentre avevo eletto Twitter a mio unico strumento di informazione. Da Twitter, dove per “da Twitter” s’intende la massa (teoricamente) multiforme di quelli che seguo su Twitter (quindi è colpa mia, sia chiaro), giuro che ho capito una cosa tipo questa. “Alla Leopolda, dove il mio amico Pif ha magistralmente attaccato Rosy Bindi, dopo essere stato accolto sul palco da un Matteo Renzi in grande spolvero e sulle note del grande, grandissimo, immenso, indimenticabile Lou Reed (ma sarà mica morto?), a un certo punto il centrocampista americano della Roma Michael Bradley ha calciato un pallone che ha rotto un vetro della Leopolda e tutti hanno urlato daje”.

Una cosa così.

Daje sempre, eh?

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Written by tommasolabate

28 ottobre 2013 at 20:13

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Qualcosa che finalmente rimane. Tra le pagine chiare e le pagine scure.

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In tutta la sua vita, secondo me, la migliore cosa da “cantautore impegnato” Francesco De Gregori l’ha fatta oggi nell’intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo del Corriere. E questa rimarrà davvero, tra le pagine chiare e le pagine scure.

Voglio vedere se i grandi o piccoli dirigenti del Pd ne fanno tesoro o se commettono per l’ennesima volta la sciocchezza di considerarla un’arma dei renziani, dei cuperliani, dei civatiani e via dicendo.

Perché non lo è. In nessuno dei quattro casi. “Via dicendo” compreso.

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Written by tommasolabate

31 luglio 2013 at 11:29

Ma il naufragar ci è dolce in questa Corte?

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Parliamoci chiaro. Berlusconi, negli ultimi vent’anni, ha promesso “meno Stato” e “meno tasse“. Ha lasciato più Stato e più tasse. Ha promesso un milione di posti di lavoro in più e di posti di lavoro ce ne sono più d’un milione, ovviamente in meno. La maggior parte delle volte è stata imperizia, molte volte malafede, altre non è stata colpa sua, vista la congiuntura internazionale. Ma il quadro è questo.

Si muore di fame al Sud, ma questo succedeva anche prima del berlusconismo. Si muore di fame anche al Nord, dove prima di fame non si moriva.

Da qui la domanda. Ma c’è qualcuno in grado di sostenere che una sentenza della Cassazione per frode fiscale possa arrivare là dove un incontrovertibile giudizio sull’operato politico di Berlusconi non è arrivato fino in fondo? All’Ilva di Taranto aspetteranno la sentenza con le orecchie alla radiolina?

Io, una mia risposta, ce l’ho. No.

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Written by tommasolabate

30 luglio 2013 at 21:44

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La critica di mamma sul figlio auto-intercettato.

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Il post di questa mattina, lo stesso in cui ho confessato di aver letto le mie stesse intercettazioni telefoniche, ha suscitato una quantità industriale di commenti, messaggi, interazioni, sms, whatsapp e via elencando. Ai quali ho risposto, a onor del vero, tenendomi alla larga da qualsivoglia turpiloquio.

Scherzi a parte, ringrazio tutti. Dei complimenti, che sono stati la stragrande maggioranza (è vero, altrimenti avrei detto il contrario). E delle critiche.

Tra queste ultime ne segnalo una, che pubblico integralmente qua sotto.

E la segnalo perché l’autrice è mia mamma.

foto

Nel caso in cui la foto non si veda bene, la riporto qua.

Caro Tommaso , penso che il contesto che hai usato per esprimere un’opinione sul pericolo che corriamo, legato alle nostre abitudini dialettiche,quando pensiamo di non essere ascoltati, non è dei più calzanti.

Il nome di Falcone è sacro, e non si nomina invano

Mentre gli esempi che tu hai riportato potrebbero essere giustificati. 

Dico potrebbero perchè l’abitudine allo sproloquio è dilagante e dovremmo porre freno e imparare a misurare le parole in qualsiasi situazione.

Hai imparato negli anni a stare in equilibrio sulla bicicletta, a nuotare e a scrivere ( e lo fai sempre bene)

Perchè non allenarsi a moderare i termini anche nell’intimità di un dialogo?

Non vale ancora il detto ” la calma è la virtù dei forti”?

Mamma

Written by tommasolabate

27 giugno 2013 at 18:09

Pubblicato su Ragionamenti, Senza categoria

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