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Wiki-Pd, dal «ma anche» al «ma tutto». Renzi in ticket col “Chiampa” lancia la sfida a Bersani.
di Tommaso Labate (dal Riformista del 30 ottobre 2011)
FIRENZE. A candidarsi saranno «le idee», dice Renzi. Ma visto che alle primarie qualcuno dovrà pur correre, ecco che al “big bang” della Leopolda spunta un’altra parola chiave: tandem. Alla bicicletta sul palco della stazione fiorentina va aggiunto un sellino. Per Sergio Chiamparino.
Sul palco salgono ospiti d’onore che si chiamano “Pif” (iena di Mediaset, volto Mtv), in platea lo sport più diffuso è il “tweet” (le idee passano da Twitter a Facebook in sequenza rapida). Trovare gente che tiene in mano carta e penna è praticamente impossibile. Al contrario, la sequenza di Ipad che illuminano l’oscura platea della stazione fiorentina sembra il risultato di una gita da Trony senz’altro più fortunata dell’inaugurazione dell’ormai celebre punto vendita romano. Si parla in cinque minuti, poi suona il gong. E le pratiche che bloccano l’avvio di un’impresa, e la giustizia civile ch’è lenta, e quella penale pure, ma anche no ai doppi incarichi, sì agli asili nido, nì alle municipalizzate, il porcellum è una porcata, la lettera della Bce chissà.
Di «idee» ce ne sono a quintali. Forse tonnellate. Saranno ridotte a «cento», spiega Renzi nel pomeriggio. E da stasera «saranno su internet», a sancire la nascita del «Wiki-Pd» che sfiderà, alle primarie per la guida del centrosinistra, il Pd di Bersani.
«È una veltronata», aveva sussurrato giorni fa l’ex rottamatore Pippo Civati, che ieri s’è presentato alla Leopolda e ha pure parlato dal palco. E se non fosse per la sottile (sic!) perfidia dell’organizzazione renziana, che gli affida il microfono nel momento peggiore (primo del dopo-pranzo, in sala tutt’ altro che stracolma), sembrerebbe quasi una scena da libro Cuore. Però altro che la «veltronata» spifferata dal rottamator prodigo. Il rischio, semmai, è che da lunedì ogni iniziativa di «Walter» verrà bollata come una «renzata».
Perché da Renzi il “ma anche” ambisce a raggiungere l’orizzonte del “ma tutto”. L’ex difensore del Milan Billy Costacurta si materializza in prima fila ad ascoltare degli oratori che – in alcuni spezzoni della mastodontica kermesse – presentano lo svolgimento del tema «che cosa faresti se fossi a Palazzo Chigi?» come se fosse una dimostrazione dei venditori del Folletto. «A tre interventi di distanza rischi di sentire, sul medesimo tema, una genialata inimmaginabile e una stronzata clamorosa», spiega il deputato pd Ermete Realacci, che pure è entusiasta.
Ma a metà mattinata, quando sale sul palco Sergio Chiamparino, la clessidra dei cinque minuti viene accantonata. «Le primarie aperte devono essere una scelta irrinunciabile per il partito democratico», scandisce. «Il capitalismo non può usare i lavoratori come merce e buttarli via quando non servono più», aggiunge. Applausi. Poi arriva il “segnale”. L’ex sindaco di Torino lo dice senza giri di parole: «Non dirò mai che metto a disposizione la mia decennale esperienza di governo solo se faccio il numero uno». È la spia che «Matteo» e «Sergio» potrebbero salire insieme sul tandem che sfiderà Bersani, Vendola e Di Pietro. Candidato premier il primo e vice il secondo, come recita una parte del copione su cui entrambi avrebbero già lavorato. Oppure, se Renzi decidesse di rinunciare al «grande passo», Chiamparino potrebbe diventare il cavallo con cui quelli del big bang possono intercettare un pezzo di classe dirigente ex ds per provare a contrastare Bersani.
«Non sono pentito di non essermi candidato due anni fa a guidare il Pd», spiega il diretto interessato. «Avrei perso e non sono bravo a fare il capocorrente», insiste. Ma poi, a mo’ di chiusura del cerchio, scandisce: «Se nessun programma mi convincesse, potrei anche io decidere di aggiungermi ai candidati delle primarie». Come a dire, o pedalo in tandem con Renzi. O pedalo sulla sua bicicletta.
Nella partita del Wiki-Pd c’è anche Arturo Parisi. L’ex ministro della Difesa parla prima che Brenda, giovane dirigente del Pd di Empoli, raccolga applausi dicendo che «se fossi a Palazzo Chigi, la prima cosa sarebbe evitare di portare con me quelli che sono stati al governo nel 1996 e nel 2006» (e quindi anche lui). Il Professore amico di Prodi raccoglie applausi con un intervento che trasuda, più che i freddi calcoli di un uomo di numeri, un discreto quantitativo di emozione. «Oggi ho voluto riconoscere a Matteo il suo coraggio e gli ho chiesto di andare avanti al servizio di tutti», dice Parisi. «È molto difficile, ma possiamo farcela», aggiunge prima di lasciarsi andare a una malinconica strofa di Un giorno dopo l’altro, di Luigi Tenco. «I sogni sono ancora sogni e l’avvenire è ormai quasi passato».
Matteo Renzi prova a dribblare le polemiche a distanza con Bersani e Vendola. Poi, però, i motori della sfida tra Pd e Wiki-Pd vengono accesi. «Non so a chi stia parlando Bersani, io non sono un asino e non scalcio». E uno. «Mettersi a disposizione è un’espressione molto bella se è riferita al Paese, a una città. Ma se è mettersi a disposizione di un capocorrente, a uno che dà ordini, no». E due. «Non stiamo mica qui a togliere i punti neri alle coccinelle, come direbbe Bersani», e tre. «Valutiamo una candidatura alle primarie», ripete fino a sera il suo braccio destro, Matteo Richetti. È il segreto di Pulcinella. E sarà svelato molto presto.
Il sipario sui Rottamatori e la fanfara che poi intonò le prime note.
“Chiedemmo” e “dicemmo”, “invitammo” e ancora “chiedemmo”,”andammo” ed “emerse”, “organizzammo” e “scegliemmo”, “si parlò” e “parlammo”, e poi “scrivemmo”.
La miglior conferma del sipario calato sui Rottamatori la trovate nella sagra del passato remoto andata in scena sul palco di questo interessante blog.
Cala il sipario sui Rottamatori. C’è uno splendido cinquantaduenne che ha rilanciato il centrosinistra.
di Tommaso Labate (dal Riformista del 3 giugno 2011)
Ricordate la teoria della «rottamazione» di Pd e centrosinistra, formulata da Renzi&Co.? Puff, sparita nel nulla.
E quel variopinto movimento dei Rottamatori, che s’era raccolto attorno a Matteo Renzi e Pippo Civati? Evaporato. Infatti dell’idea di «rottamare» la classe dirigente del Pd e del centrosinistra partendo da un controllo sulle carte d’identità dei big (o presunti tali), almeno per qualche tempo, non si parlerà più.
La «rottamazione», insomma, è stata rottamata prima che il primo rottamando finisse sotto il compattatore. E come nell’antico adagio attribuito a Pietro Nenni («A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura»), i Rottamatori in quanto tali hanno trovato qualcuno più rottamatore di loro che li ha rottamati.
Questo qualcuno è il Mister X che è appena riuscito nell’impresa di spingere Silvio Berlusconi sull’orlo del precipizio. La stessa persona che ha creato le condizioni perché tutto il centrodestra finisse per sedersi sopra una polveriera.
Il Mister X in questione è un signore che ha più di 52 anni. E si chiama Giuliano Pisapia (anni 62) ma anche Luigi de Magistris (anni 44), Massimo Zedda (anni 35) e pure Piero Fassino (anni 62), e ancora Roberto Cosolini (anni 55), e Virginio Merola (anni 56). Dalla media aritmetica delle età dei neo-sindaci che nei sei campi centrali (Milano, Napoli, Cagliari, Torino, Trieste, Bologna) hanno messo il berlusconismo all’angolo, viene fuori uno «splendido cinquantaduenne». Per la precisione, un Mister X che ha 52 anni e quattro mesi esatti.
È il segno che puoi essere trentenne o sessantenne, l’importante è vincere. E lo stesso Renzi, che rimane una delle principali risorse del Partito democratico, adesso l’ha capito perfettamente.
La prova? Basta guardare la differenza tra il Renzi dell’estate scorsa e il Renzi di pochi giorni fa. «Se vogliamo sbarazzarci di nonno Silvio, dobbiamo liberarci di un’intera generazione di dirigenti del mio partito. Non faccio distinzioni fra D’Alema, Veltroni e Bersani… Basta. È il momento della rottamazione. Senza incentivi», metteva a verbale il sindaco di Firenze in un’intervista rilasciata a Repubblica a fine agosto 2010. Dopo l’ultima tornata elettorale, invece, Renzi ha cambiato idea. E quel Bersani che andava rottamato (tra l’altro senza incentivi) adesso è diventato un segretario «rafforzato e con un carico di responsabilità su di sé molto bello» (questa volta, l’intervista è stata rilasciata Corriere della sera di tre giorni fa).
Morale della favola? In un centrosinistra in cui vincono tutti, il segretario del Pd appare come il massimo comun denominatore che mette tutti d’accordo. Non a caso, nell’analisi sulla necessità di rompere con «capicorrente e schemini sulle alleanze» che ieri ha affidato ai taccuini di Maria Teresa Meli del Corriere, Nicola Zingaretti lo dice chiaramente: «Bersani, che io ho sempre difeso anche quando era “cool” dire che era un leader finito, adesso ha attorno a sé un clima molto più sereno». Non solo. Il segretario del Pd, aggiunge il presidente della provincia di Roma, «ha una grande chance: quella di promuovere una profonda innovazione dello strumento partito».
L’innovazione della vittoria, insomma, rottama la rottamazione dell’anagrafe. Anche perché i ballottaggi si sono portati via quell’atmosfera da redde rationem che poteva nascondersi dietro la «verifica» chiesta da Veltroni (sul Foglio) prima del voto. E pure perché, all’interno del centrosinistra, l’aria pare talmente serena che persino Antonio Di Pietro s’è affrettato (durante l’ultima puntata di Ballarò) a lanciare con un bel po’ d’anticipo la corsa di Bersani verso la premiership. Il tutto mentre Vendola, forse per la foga di attribuirsi un risultato che comunque era in parte suo, ha finito addirittura per trascinarsi in un’«amichevole» disputa nientemeno che con Giuliano Pisapia.
Il cantiere del centrosinistra trainato dal cinquantaduenne Mister X si gioca il tutto per tutto al referendum del 12 e 13 giugno, voluto fortemente da Di Pietro l’anno scorso e rilanciato da Bersani dopo il primo turno delle amministrative. L’ascesa al Monte Quorum è più dura del Mortirolo o dello Zoncolan. Ma l’obiettivo è comunque raggiungibile. Soprattutto se i militanti della Lega Nord, come anche l’orientamento della Padania lascia immaginare (titolo in prima pagina di ieri: «Referendum, l’acqua è un bene pubblico»), si recheranno in massa alle urne. Magari benedetti da un segnale del loro leader, Umberto Bossi. Se quel colpaccio riesce, torneranno i «rottamatori». Ma non quelli di Renzi e Civati. Se venisse raggiunto il quorum, infatti, tutto il cantiere del centrosinistra avrà tra le mani la possibilità storica di rottamare una stagione politica. Che non si evince tanto dall’età del suo protagonista (75 anni e mezzo). Quanto dal suo nome di battesimo: «Silvio».