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Da un sondaggio devastante e alle voci su Gabrielli capo della Polizia. Il mistero Alemanno sull’emergenza neve.
di Tommaso Labate (dal Riformista del 7 febbraio 2012)
I sondaggi riservati sul testa a testa Zingaretti-Alemanno alle comunali dell’anno prossimo. E le voci sulla successione a Manganelli alla guida della polizia italiana. Che cosa c’entrano con la neve a Roma?
Ci sono calamità naturali che segnano il corso della politica. Nel 2002, in Germania, un’alluvione consentì al cancelliere uscente Gerhard Schroeder di raggiungere e superare lo sfidante Edmund Stoiber, il leader della Csu che pareva a un passo dal vincere le elezioni. Allo stesso modo, nel 2005, le inadempienze della Casa Bianca di fronte all’uragano Katrina sancirono l’inizio della rottura tra gli americani e l’allora presidente George W. Bush. Seppure il caso non sia nemmeno lontanamente paragonabile con i due precedenti, anche dietro la pessima gestione dell’emergenza neve a Roma sembra esserci l’ombra di un calcolo politico errato. Che, a questo punto, rischia di compromettere la carriera di Gianni Alemanno.
Perché, in questa storia, ci sono domande all’apparenza semplici che ancora non hanno una risposta. Perché giovedì scorso, durante il vertice con la Protezione civile, Alemanno rifiuta ogni sostegno dichiarandosi «pronto» a far partire il «piano neve» del Comune? E ancora: perché, a tre giorni dai primi fiocchi di neve sulla Capitale, la situazione politica è degenerata al punto tale da aprire uno scontro tra il Campidoglio e il governo?
Giovedì, quando si aspetta per l’indomani una Capitale imbiancata, Alemanno è un sindaco che ha appena annunciato la sua ricandidatura alle elezioni del 2013. Ma sa che i sondaggisti che hanno misurato il suo testa a testa contro l’altro competitor sicuro, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, sono più che pessimisti. Tutte le rilevazioni riservate e non, quelle commissionate dal Pdl e quelle del Pd, danno sempre lo stesso risultato. Contro Zingaretti Alemanno non ha alcuna chance. Le proporzioni? Basta guardare un sondaggio commissionato qualche giorno fa dalla Rai e finora rimasto nel cassetto, i cui risultati però arrivano tanto alle orecchie di «Nicola» quanto a quelle di «Gianni». La rilevazione è impietosa: a un anno dalle amministrative, nel testa a testa Zingaretti batterebbe Alemanno 68% a 32%.
Eppure ci sono fenomeni improvvisi come la neve, che possono contribuire a cambiare (seppur leggermente) il corso degli eventi. Giovedì Alemanno deve essersi ricordato di come, nel dicembre 2008, la gestione della piena del Tevere (in collaborazione, neanche troppo pacifica, con Guido Bertolaso) aveva coinciso con il picco, mai più nemmeno sfiorato, della sua popolarità tra i romani. E infatti prova un impossibile remake di quel film.
Venerdì mattina, qualche ora il vertice con la Protezione civile in cui aveva opposto agli uomini di Franco Gabrielli il suo ghe pensi mi, il sindaco è nella sala delle bandiere del Campidoglio. Presenzia, insieme ad alcuni cardinali, alla conferenza stampa di presentazione del convegno Gesù nostro contemporaneo. È sereno, Alemanno. Infatti, quando dalla vetrata che affaccia su piazza del Campidoglio si intravedono i primi fiocchi di neve, sussurra tra i denti una parola: «Finalmente».
La prima ora di nevicata è tutta all’insegna dell’autocelebrazione. Arrivano la foto del Campidoglio imbiancato su Twitter e le dichiarazioni rassicuranti, in cui c’è un implicito riconoscimento del ruolo della Protezione civile: «Abbiamo mobilitato tutto il possibile, ci sono già 550 mezzi in posizione. La protezione civile comunale è già in movimento». Non solo. Il sindaco aggiunge che l’unica «criticità» è sulla Cassia bis, una strada su cui la competenza è anche della Provincia. Da lì in poi, siamo nel primo pomeriggio di venerdì, su Twitter una serie di utenti che si riveleranno finti esalta inspiegabilmente l’operato di Alemanno condannando quello di Zingaretti.
Ma visto che l’emergenza finirà per bloccare davvero la città di Roma, ecco che domenica – di fronte alle polemiche per una città paralizzata – il sindaco ha bisogno di un «piano B». E Franco Gabrielli diventa il bersaglio giusto al momento giusto. «La Protezione civile, dopo Bertolaso, non esiste più. Sono dei passacarte», scandisce Alemanno. «Gabrielli sfugge ai confronti pubblici con me», insiste. Perché quel pezzo del centrodestra di cui fanno parte anche Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, che pure prenderebbe volentieri le distanze da «Gianni», decide di sostenerlo nel suo testa a testa contro il capo della Protezione civile? Semplice. Perché dentro il perimetro del Pdl più d’uno sospetta che Gabrielli sia in corsa per succedere ad Antonio Manganelli alla guida della Polizia italiana. Il sindaco di Roma, che insieme a fior di berluscones caldeggia la candidatura del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, arriva quasi a dirlo domenica in diretta tv a La 7, dov’è ospite di Luca Telese e Nicola Porro alla trasmissione In onda. È un’allusione, quasi impercettibile, della serie “anche Gabrielli deve prendere i voti”. Dietro cui si nasconde l’epilogo di un calcolo errato, di una storia cominciata male e finita peggio. Sotto la neve, a Roma, nel febbraio del 2012.
Cala il sipario sui Rottamatori. C’è uno splendido cinquantaduenne che ha rilanciato il centrosinistra.
di Tommaso Labate (dal Riformista del 3 giugno 2011)
Ricordate la teoria della «rottamazione» di Pd e centrosinistra, formulata da Renzi&Co.? Puff, sparita nel nulla.
E quel variopinto movimento dei Rottamatori, che s’era raccolto attorno a Matteo Renzi e Pippo Civati? Evaporato. Infatti dell’idea di «rottamare» la classe dirigente del Pd e del centrosinistra partendo da un controllo sulle carte d’identità dei big (o presunti tali), almeno per qualche tempo, non si parlerà più.
La «rottamazione», insomma, è stata rottamata prima che il primo rottamando finisse sotto il compattatore. E come nell’antico adagio attribuito a Pietro Nenni («A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura»), i Rottamatori in quanto tali hanno trovato qualcuno più rottamatore di loro che li ha rottamati.
Questo qualcuno è il Mister X che è appena riuscito nell’impresa di spingere Silvio Berlusconi sull’orlo del precipizio. La stessa persona che ha creato le condizioni perché tutto il centrodestra finisse per sedersi sopra una polveriera.
Il Mister X in questione è un signore che ha più di 52 anni. E si chiama Giuliano Pisapia (anni 62) ma anche Luigi de Magistris (anni 44), Massimo Zedda (anni 35) e pure Piero Fassino (anni 62), e ancora Roberto Cosolini (anni 55), e Virginio Merola (anni 56). Dalla media aritmetica delle età dei neo-sindaci che nei sei campi centrali (Milano, Napoli, Cagliari, Torino, Trieste, Bologna) hanno messo il berlusconismo all’angolo, viene fuori uno «splendido cinquantaduenne». Per la precisione, un Mister X che ha 52 anni e quattro mesi esatti.
È il segno che puoi essere trentenne o sessantenne, l’importante è vincere. E lo stesso Renzi, che rimane una delle principali risorse del Partito democratico, adesso l’ha capito perfettamente.
La prova? Basta guardare la differenza tra il Renzi dell’estate scorsa e il Renzi di pochi giorni fa. «Se vogliamo sbarazzarci di nonno Silvio, dobbiamo liberarci di un’intera generazione di dirigenti del mio partito. Non faccio distinzioni fra D’Alema, Veltroni e Bersani… Basta. È il momento della rottamazione. Senza incentivi», metteva a verbale il sindaco di Firenze in un’intervista rilasciata a Repubblica a fine agosto 2010. Dopo l’ultima tornata elettorale, invece, Renzi ha cambiato idea. E quel Bersani che andava rottamato (tra l’altro senza incentivi) adesso è diventato un segretario «rafforzato e con un carico di responsabilità su di sé molto bello» (questa volta, l’intervista è stata rilasciata Corriere della sera di tre giorni fa).
Morale della favola? In un centrosinistra in cui vincono tutti, il segretario del Pd appare come il massimo comun denominatore che mette tutti d’accordo. Non a caso, nell’analisi sulla necessità di rompere con «capicorrente e schemini sulle alleanze» che ieri ha affidato ai taccuini di Maria Teresa Meli del Corriere, Nicola Zingaretti lo dice chiaramente: «Bersani, che io ho sempre difeso anche quando era “cool” dire che era un leader finito, adesso ha attorno a sé un clima molto più sereno». Non solo. Il segretario del Pd, aggiunge il presidente della provincia di Roma, «ha una grande chance: quella di promuovere una profonda innovazione dello strumento partito».
L’innovazione della vittoria, insomma, rottama la rottamazione dell’anagrafe. Anche perché i ballottaggi si sono portati via quell’atmosfera da redde rationem che poteva nascondersi dietro la «verifica» chiesta da Veltroni (sul Foglio) prima del voto. E pure perché, all’interno del centrosinistra, l’aria pare talmente serena che persino Antonio Di Pietro s’è affrettato (durante l’ultima puntata di Ballarò) a lanciare con un bel po’ d’anticipo la corsa di Bersani verso la premiership. Il tutto mentre Vendola, forse per la foga di attribuirsi un risultato che comunque era in parte suo, ha finito addirittura per trascinarsi in un’«amichevole» disputa nientemeno che con Giuliano Pisapia.
Il cantiere del centrosinistra trainato dal cinquantaduenne Mister X si gioca il tutto per tutto al referendum del 12 e 13 giugno, voluto fortemente da Di Pietro l’anno scorso e rilanciato da Bersani dopo il primo turno delle amministrative. L’ascesa al Monte Quorum è più dura del Mortirolo o dello Zoncolan. Ma l’obiettivo è comunque raggiungibile. Soprattutto se i militanti della Lega Nord, come anche l’orientamento della Padania lascia immaginare (titolo in prima pagina di ieri: «Referendum, l’acqua è un bene pubblico»), si recheranno in massa alle urne. Magari benedetti da un segnale del loro leader, Umberto Bossi. Se quel colpaccio riesce, torneranno i «rottamatori». Ma non quelli di Renzi e Civati. Se venisse raggiunto il quorum, infatti, tutto il cantiere del centrosinistra avrà tra le mani la possibilità storica di rottamare una stagione politica. Che non si evince tanto dall’età del suo protagonista (75 anni e mezzo). Quanto dal suo nome di battesimo: «Silvio».