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La fortuna di Sorrentino è in quattro parole. “L’incoscienza per provarci”.
Prima di andare La Grande Bellezza, ma vale anche se l’avete già visto, fossi in voi rileggerei una vecchia intervista che Paolo Sorrentino ha rilasciato nel 2009 al Corriere della Sera.
Fu quella la volta in cui raccontò di come un dramma gli aveva stravolto una vita tutto sommato serena. «I miei genitori sono morti. Un incidente. Erano in una casa in montagna. Una fuga di gas dal riscaldamento difettoso».
E lì che sprofonda, come forse sprofonderebbe chiunque. I parenti gli consigliano di iscriversi a economia. Lui lo fa. E finisce fuoricorso.
Solo nel punto più basso della tua esistenza, in fondo, puoi risorgere. Sorrentino, la raccontò così. «La perdita dei genitori a 17 anni mi ha cambiato la vita in tutti i sensi. Se non fosse successo quello che è successo, non avrei mai fatto il regista. Da figlio di bancario avrei seguito, più o meno, le orme paterne. L’essere rimasto orfano mi ha dato l’incoscienza per provarci».
L’incoscienza per provarci.
(L’intervista integrale la trovate qui)
Dev’essermi sfuggito qualcosa.
Dev’essermi sfuggita la notizia di quei criminali finti pentiti che con le loro bugie hanno portato alla condanna di Silvio Berlusconi.
E devono essermi sfuggiti anche i giorni, le settimane, i mesi in cui Silvio Berlusconi è stato sottoposto alla carcerazione preventiva, in cella, al gabbio, insomma.
E per forza dev’essermi sfuggita pure la storia di Berlusconi che si dimette da europarlamentare, rinuncia all’immunità e si fa arrestare.
È sicuramente solo per questo che adesso, mentre Silvio Berlusconi si paragona a Enzo Tortora, non capisco. Perché deve essermi sfuggito qualcosa, sicuro.
Ambrosoli, uomo.
Dignitosissima e da applausi, soprattutto di questi tempi, la discrezione con cui Ambrosoli ha evitato di dare pubblicità al suo sacrosanto gesto di abbandonare l’aula del consiglio regionale lombardo che commemorava Andreotti, che aveva definito suo padre “uno che se l’era cercata”.
Chissà quanti, al posto suo, avrebbero fatto fioccare post sul blog, interviste ai giornali, comparsate in tv.
Invece niente, lui niente. Ha dimostrato che cosa vuol dire essere uomini e figli, prima che politici. E ha dato uno schiaffo silenzioso a chi ha fatto del cinismo il sentiero di una vita. Peggio ancora se mascherato, il cinismo.
“Sa, raccomandazioni lei ne fa tante…”.
Andreotti al cinema. Ne “Il Tassinaro” di Alberto Sordi.
Tra Letta e Renzi.
A poche ore dallo scioglimento definitivo della riserva da parte di Giorgio Napolitano, il favorito per Palazzo Chigi è di nuovo Enrico Letta, che avrebbe il sostegno anche del Pdl e della Lega, oltre che di Scelta Civica.
Le chances di Matteo Renzi sono subordinate a un’eventuale indicazione netta (è quella che chiede Matteo Orfini) da parte del Partito democratico, la cui direzione è ancora in corso.
Sia come sia, la discesa in campo virtuale del sindaco di Firenze, un effetto l’avrebbe già sortito. Quello di portare al minimo storico le possibilità di Giuliano Amato, che non avrebbe i voti della Lega, tra l’altro.
Il Dottor Sottile potrà comunque rientrare dalla finestra come (super)ministro?
D’Alema si chiama fuori?
Se fosse davvero nella rosa dei nomi che Bersani, dopo aver visto Berlusconi, sottoporrà ai gruppi parlamentari del Pd, non è affatto escluso che Massimo D’Alema si chiami fuori dichiarandosi indisponibile.
L’ex premier, tra l’altro, sa di avere pochissime possibilità di superare la prova. E, come fece nel 2006, quando si ritirò lanciando la corsa di Napolitano, potrebbe lasciare il passo a un altro candidato, senza però dirlo (ché sennò lo brucerebbe).
Quale candidato? Semplice. Lo stesso di cui D’Alema avrebbe parlato con Renzi l’altro giorno, a Firenze. Lo stesso che vuole anche Giorgio Napolitano.
Giuliano Amato, insomma.