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Borsino Quirinale ore 13.
Premio “Angelo Scola” a Giuliano Amato, che entra in Conclave da favorito. Ha possibilità di diventare presidente della Repubblica entro le prime tre votazioni. Se non ce la fa, probabilmente esce di scena alla quarta. Punti di forza: è il candidato preferito di Giorgio Napolitano, va bene a Silvio Berlusconi e, soprattutto, è la “vera” carta di Matteo Renzi.
Il successo di pubblico (e anche della critica) della candidatura Cinquestelle di Stefano Rodotà riduce al lumicino le chances dei candidati piddì che Silvio Berlusconi sogna di vedere al Colle. Che sono, nell’ordine, Massimo D’Alema e Luciano Violante. Difficile che uno dei due riesca a sopravvivere a una prova di gradimento sufficientemente compatta dei gruppi parlamentari democratici. Ancora più difficile che uno dei due esca indenne dalle forche caudine dell’Aula.
Il premio al miglior posizionamento, in questo momento, lo vincono ex aequo Sergio Matterella e Sabino Cassese. Primo, sono defilati al punto giusto. Secondo, possono sperare nel via libera di un pezzo del centrodestra senza essere accusati di passate intelligenze col “nemico Berlusconi”. Terzo, non sarebbero considerati indigeribili dal Cinquestelle, che comunque (ufficialmente) non li voterebbe.
Strano ma vero, in queste ore, non sono tramontate né le possibilità di Emma Bonino né quelle di Annamaria Cancellieri. Soprattutto il ministro dell’Interno sembra rientrata in partita.
Se invece lo schema bipartisan salta, e si va alla quarta votazione, la partita avrebbe due protagonisti. Il primo è Romano Prodi. Il secondo Stefano Rodotà.
Gabanelli vince le Quirinarie. Fo ultimo.
Risultati Quirinarie del Movimento Cinquestelle:
1) Gabanelli,
2) Strada,
3) Rodotà,
4) Zagrebelsky,
5) Imposimato,
6) Bonino,
7) Caselli,
8) Prodi
9) Fo
La fine del “fare la fine del governo Prodi”.
Forse è stato l’adagio più gettonato degli ultimi anni. E l’hanno detto tutti, chi più chi meno, “non faremo la fine del governo Prodi“, “basta col modello Unione” e via dicendo.
Eppure, a cinque anni dalla sua caduta, due esponenti di quel governo – Romano Prodi ed Emma Bonino – si ritrovano addirittura nella short list del Cinquestelle per il Quirinale. Con concrete possibilità di farcela. La seconda, che tra l’altro non dispiace al Pdl, potrebbe puntare alla prima votazione. Il primo è in campo, tra l’altro da favorito, se Pd e Pdl non trovano la quadra.
Sia come sia, è la fine dell’espressione “fare la fine del governo Prodi”. Perché quell’esperienza, semplicemente, non è finita. Anzi.
Il borsino del Colle aggiornato dopo il vertice B&B
Un’ora di incontro andato genericamente “bene“, come spiega Enrico Letta. E durante il quale si è discusso di un “metodo” per arrivare all’elezione di un presidente della Repubblica condiviso. Magari, ha spiegato il vicesegretario del Pd, da eleggere nella prima giornata di voto.
Segno che:
1) Le quotazioni di Romano Prodi sembrano in discesa.
2) Quelle di Pietro Grasso sono invece in netta risalita. Al pari di quelle di Giuliano Amato.
3) Quelle di Franco Marini rimangono stabili (anche se sembra più uno specchietto per le allodole).
4) Non è tutto. C’è una frase pronunciata questa mattina ad Agorà da Bersani, che non ha escluso soluzioni che abbiano un tratto di “fantasia”, dietro cui potrebbero nascondersi:
a) L’ipotesi che prenda effettivamente corpo la corsa di Emma Bonino, non sgradita né a Pier Luigi né a Silvio, o quella di Annamaria Cancellieri.
b) Il possibile ritorno del tormentone sul Napolitano bis.
Ovviamente, anche se dalle elezioni è passato più di un mese, siamo solo all’inizio.
Lo streaming della busta paga. (Ma basta anche una foto).
Oggi Repubblica scrive che gli eletti del Movimento Cinquestelle, gira e rigira, alla fine guadagneranno seimila euro netti al mese.
E Beppe Grillo risponde che Repubblica racconta balle.
Trattandosi di una questione non secondaria, e avendo preso il Movimento Cinquestelle parecchi voti proprio sulla base della rinuncia a parte (significativa) dello stipendio della Kasta, suggerirei una strada semplice semplice. A fine mese, quando arrivano gli stipendi, i parlamentari grillini ci mostrino la busta paga e gli eventuali documenti ufficiali con cui (eventualmente) rinunceranno a parte del compenso. Noi si fa una bella sottrazione da soli e si capisce tutti insieme chi racconta balle. Serenamente, pacatamente.
Tra l’altro, questa volta è impossibile che si chiamino in causa le difficoltà tecniche a imbastire la diretta streaming, che sopraggiungono sempre quando i Cinquestelle si riuniscono tra loro.
Ricapitolando. Basta una foto, anzi due. E una sottrazione.
Così vediamo se c’è qualcuno che racconta balle. E, eventualmente, chi è.
Una gita a Cinquestelle
“Ci siamo tutti. Cedo subito la parola al nostro preside, promotore di un’iniziativa che non esito a definire fantastica”.
A me, la gita in località misteriosa dei parlamentari M5S che oggi vedranno Grillo ricorda un po’ questa.
Perché hai votato il M5S?
Perché hai votato il MoVimento 5 Stelle?
Perché i suoi parlamentari lavorassero senza sosta?
Perché i suoi parlamentari presentassero proposte di legge mutuate dal programma?
Perché Massimo D’Alema fosse talmente fuori dai giochi da non essere nemmeno preso in considerazione come candidatura bipartisan per il Quirinale?
Perché le Camere lavorassero sei giorni su sette?
Perché i portavoce dei gruppi parlamentari non facessero come i vecchi capigruppo dei vecchi partiti che dicono una cosa e poi se la rimangiano?
Per avere un governo che lavora?
Per fare una legge seria sul conflitto d’interessi?
Per togliere il pallino dalle mani di Silvio Berlusconi?
Perché le decisioni venissero convidise con la base e sottoposte al giudizio costante e continuo della Rete?
Perché non si svegliasse uno la mattina a decidere per tutti?
“Se hai votato per il M5S anche soltanto per uno di questi punti, allora hai sbagliato voto. Mi dispiace.
La prossima volta vota per un partito”. Quest’ultima, ovviamente, è una citazione.