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E Ryanair ha trovato un nuovo lavoro al Cavaliere.
Effetto Pisapia sui cieli. Ryanair ha trovato un nuovo lavoro al Cavaliere. Quello del testimonial.
“Basta politicismi”. Lo scatto di Bersani nell’ascesa al Monte Quorum.
di Tommaso Labate (dal Riformista dell’1 giugno 2011)
«Sul referendum ci metto la faccia», ha spiegato ieri Pier Luigi Bersani riunendo la segreteria del partito. Nel day after la vittoria elettorale, il leader del Pd ha deciso che farà anche il testimonial della campagna degli spot sul 12 giugno.
La road map bersaniana era stata messa nero su bianco subito dopo il primo turno delle amministrative. «Colpire il Cavaliere ai ballottaggi, tentare di affondarlo al referendum». E ora che la prima parte del «piano» può dirsi riuscita in pieno, Bersani vuole completare l’opera.
Ai tanti dirigenti di primo piano del Pd che sono scettici sull’operazione di inseguire un quorum che manca da un decennio (tra questi ci sarebbero D’Alema e Veltroni), il segretario risponde in due modi. Primo, «anche pensare di vincere Milano, solo un mese fa, era considerato l’esercizio di un matto». Secondo, «adesso dobbiamo lasciarci alle spalle le mosse politiciste e fare politica a viso aperto, come abbiamo fatto in questa tornata elettorale».
Detto fatto. Ieri, riunendo la segreteria del suo partito, Bersani ha incassato il via libera su una campagna referendaria che lo vedrà impegnato in prima persona. Addirittura come testimonial di tre video (su nucleare, legittimo impedimento e acqua) che sono pronti per la messa in onda. «Diciamo no al piano nucleare del governo», spiega il segretario nello spot dedicato all’atomo, quando sullo sfondo scorrono le immagini della Fukushima devastata dall’esplosione dei reattori della centrale. «La legge è uguale per tutti. Vogliamo una giustizia riformata, che funzioni», scandisce invece nel video in cui invita i cittadini a votare «sì» al quesito sul legittimo impedimento.
C’è un’altra obiezione: l’eventuale decisione della Cassazione di considerare il quesito sul nucleare “assorbito” dal decreto omnibus riconvertito in fretta e furia dalla maggioranza («Ma è tutto da vedere») renderà ancor più difficile la già complicata ascesa al “monte quorum”. Obiezione che gli spin doctor del leader democratico rovesciano, facendo notare che «lo spudorato trucchetto dei berluscones potrebbe incentivare l’indignazione degli italiani e portarli ai seggi», che si apriranno il 12 e 13 giugno. Anche a questo serviranno i cinque milioni di lettere – firmate, manco a dirlo, da Bersani – che il Pd sta per inviare ad altrettante famiglie dei capoluoghi italiani. Senza dimenticare che tutti i protagonisti delle recenti vittorie alle amministrative – da Pisapia a de Magistris, da Merola a Fassino, da Zedda a Cosolini – saranno impegnati ventre a terra nell’operazione.
Nella strategia del Pd, però, c’è anche un terzo punto. Ed è quello che, in deroga ai paletti sul “politicismo”, riguarda la «tela» col Carroccio. Nell’agenda di Bersani, a dispetto delle smentite della sua cerchia ristretta, c’è già un appuntamento con Roberto Maroni, che il segretario dei democratici e il titolare del Viminale avevano fissato (tramite amici comuni) nel bel mezzo della campagna elettorale. E il colloquio, si mormora a Palazzo, potrebbe avvenire già prima della fine di questa settimana, magari approfittando del ponte del 2 giugno.
Su quello che succede tra le quattro mura del quartier generale leghista, Bersani mostra di essere ben informato. «Non metto il cronometro, ma dopo quello che è successo al Nord non credo che la Lega riuscirà a rimontare portandosi a casa un ministero o un vicepremier», ha spiegato ieri a Repubblica tv evocando il piano (caldeggiato dai bossiani del “cerchio magico”) di siglare una tregua col premier “accontentandosi” della promozione di Tremonti a numero due del governo. Anche perché quell’operazione non ha il via libera di Bossi né quello di «Giulietto» né tantomeno il placet del titolare del Viminale, ormai impegnato nella fortificazione della sua corrente anti-berlusconiana. Di conseguenza, è la chiosa del leader pd, «se non domani o domani l’altro, prima o poi la Lega si autonomizzerà».
Bersani spera che il processo di “autonomizzazione” del Carroccio dia i suoi primi frutti il 19 giugno a Pontida. E le dichiarazioni di Bossi («Il governo va avanti, ma non so se è tranquillo») sembrano avvalorare la tesi. Senza dimenticare che, ormai, anche le “grandi firme” della Lega seguono il leitmotiv dei militanti inferociti che telefonano a Radio Padania. «La maggioranza è sotto l’attacco degli italiani», dice Maroni. «A Milano ha perso Berlusconi. Ora rifletta sul suo passo indietro», sottolinea il sindaco di Verona Flavio Tosi.
All’incontro con Maroni, Bersani non andrà a mani vuote. E l’offerta del Pd di spendersi per una riforma elettorale che consenta al Carroccio di correre da solo alle prossime elezioni (un Mattarellum col 50% di maggioritario e l’altro 50 di proporzionale) potrebbe essere formalizzata a breve.