tommaso labate

Posts Tagged ‘congiura

La congiura di «quelli del ’94». È Forza Italia il partito che sta staccando la spina.

with one comment

di Tommaso Labate (dal Riformista del 4 novembre 2011)

Quando invita a «fucilare alla schiena» i traditori dell’ultim’ora, Francesco Storace – oltre alle regole della democrazia – tralascia un dettaglio. Ad abbandonare Silvio Berlusconi sono quelli della «prima ora». È Forza Italia il partito che sta scaricando il Cav.

La «valanga azzurra», che era sinonimo dell’onnipotenza organizzativa e politica del Cavaliere, adesso sta per travolgerlo. Come una slavina. Infatti, a tirare il grilletto (politico) contro il premier, a cominciare dalla partita sul rendiconto che si giocherà da martedì, sono proprio alcuni «uomini del ’94». Giovani (all’epoca) esponenti del vecchio pentapartito, che dopo la discesa in campo di Sua Emittenza avevano trovato riparo nella creatura delle coccarde tricolori e delle canzoncine di un’epoca ben lontana dalle strimpellate di Apicella. Gente che cantava a squarciagola E Forza Italia per essere liberi / e Forza Italia per fare e per crescere. Ma che non s’è mai abituata al ritornello Presidente siamo con te / meno male che Silvio c’è.

È assai probabile che, quando s’è ritrovato gente come Giorgio Stracquadanio e Isabella Bertolini tra i frondisti, il Cavaliere abbia finalmente capito che gli appelli per il ritorno allo «spirito del ’94» – come quelli di Giuliano Ferrara – non erano acqua fresca. Stracquadanio è un prefetto esempio di quello spirito. Ex radicale, già braccio destro di Tiziana Maiolo, ha servito il berlusconismo comunicando. Perché comunicare era il suo mestiere, e ha comunicato. Fare era quello di altri, che poi non hanno fatto. Anche Isabella Bertolini c’era dal principio. Veniva dal Pli. E anche lei s’era inizialmente sistemata zitta (si fa per dire) e buona nella rossissima Emilia, la sua terra, coi galloni di coordinatore provinciale di Forza Italia a Modena.

La coppia Stracquadanio-Bertolini è un emblema della grande potenza del partito della coccarde: radicale iper-laico il primo, nemica dei Radicali e degli iper-laici la seconda. Che una volta se lo lasciò anche sfuggire, durante il dibattito su Eluana Englaro, che secondo lei «i Radicali sono paladini della morte a tutti i costi». Eppure, nonostante le differenze culturali, sia «Giorgio» che «Isabella» sono rimasti sempre là. All’ombra di Silvio.

Forza Italia risorge dall’urna di ceneri in cui era stata confinata con la nascita del Pdl. Rinasce. E si vendica. Anche Ida D’Ippolito, passata ieri all’Udc, nel ’94 era in Calabria a distribuire le coccarde tricolori del partito azzurro. Veniva dalla Dc, fedelissima dell’ex ministro Riccardo Misasi. Tra la fine dello scudocrociato e il nuovo inizio berlusconiano aveva scelto il secondo. Anni, anni e anni dentro il centrodestra. Fino a ieri. Quando evidentemente la nomina a sottosegretario del suo nemico (anch’egli di Lamezia Terme) Pino Galati, che invece veniva dall’Udc, gli è diventata indigeribile.

Da FI viene anche il giovane toscano Alessio Bonciani, classe ’72, uno degli oppositori di Denis Verdini. L’anno scorso, mentre perdurava la sua permanenza nella lista nera del potente coordinatore del Pdl, Bonciani aveva minacciato il passaggio in Fli. Minacciato e basta. Poi, forse per paura, preferì cavarsela con la citazione del Vangelo che perennemente opponeva ai finiani, che lo invitavano a saltare lo steccato. «Passi da me questo calice, senza che io lo beva». Ieri l’ha bevuto, il calice. Ha preso sottobraccio la D’Ippolito ed è emigrato, anticipato da un post su Twitter del casiniano Roberto Rao, nell’Udc. Nell’opposizione, insomma.

Stracquadanio e Bertolini chiedono il passo indietro. D’Ippolito e Bonciani se ne sono già andati. E tanti sono quelli che stanno per saltare. Tra questi c’è anche il toscano Roberto Tortoli, altro nemico giurato di Verdini, che lo ripete da mesi: «Io sto in Forza Italia dall’inizio. Dall’i-ni-zio. E Denis, all’epoca, stava nel Partito repubblicano». Anche l’ex donna Rai del Cavaliere, Deborah Bergamini, è insofferente. Come Moles, Cossiga, Testoni, Picchi e molti altri (non Nunzia De Girolamo, che si dice «fedelissima a Berlusconi»), che un mese fa si erano chiusi in una stanza con Guido Crosetto a ragionare sul che fare?.

Altro che traditori dell’ultim’ora. È proprio Forza Italia, che il Cavaliere ha ucciso su un predellino, a scaricare il suo fondatore. Come dimostrano anche i movimenti del Senato. L’ex psdi Carlo Vizzini l’ha già detto agli amici: «Me ne vado anch’io all’opposizione. Faccio un gruppo di laici insieme a Luciana Sbarbati». «Siamo come i protagonisti di Vite vendute, il film con Yves Montand», diceva qualche settimana fa Stracquadanio. «Lavoratori che guidano camion carichi di dinamite. Basta una buca e saltiamo in aria». Lui è saltato, sì. Ma dal camion. Prima della buca.

Pubblicità

Written by tommasolabate

4 novembre 2011 at 09:22

Il tradimento degli ex forzisti e l’allarme sul rendiconto. La partita a Shangai che porta alla caduta di Silvio.

leave a comment »

di Tommaso Labate (dal Riformista del 3 novembre 2011)

«Ci stanno portando via una decina di deputati». Quando evoca la «congiura», nel bel mezzo dell’ufficio di presidenza del Pdl, Angelino Alfano pensa all’Incidente. Teme che il governo cada di nuovo sul rendiconto. E, stavolta, «per sempre».

L’ufficio di presidenza del Pdl termina pochi minuti dopo l’inizio del consiglio dei ministri. Quando comincia la riunione di governo a Palazzo Chigi, insomma, a via dell’Umiltà hanno appena finito di fare i conti col risiko che potrebbe aprirsi subito dopo la riunione di governo. È una rilfessione amara, quella che Alfano è costretto a svolgere nella giornata più dura da quando è segretario del partito. «C’è una congiura contro di noi. E dobbiamo resistere almeno fino a Natale, scongiurando qualsiasi altro governo. Per poi correre a elezioni anticipate». A quelle elezioni anticipate, anche se non lo dice esplicitamente, «Angelino» sa che toccherebbe a lui correre per la premiership. Il lavorìo avviato sul fronte Ppe, quei contatti che l’hanno portato a ottenere un posto d’onore al congresso dei Popolari europei in programma a Marsiglia a inizio dicembre, è la spia che il «via libera» di Berlusconi è già arrivato da qualche settimana. Come dimostra anche l’accelerazione forsennata che l’ex guardasigilli ha impresso al tesseramento nel partito, «anche per tentare di arginare – come dicono i suoi – lo strapotere degli ex An».

Ma tutto rischia di andare a monte. A causa della «congiura». «Non ci stanno tradendo i leghisti o certi personaggi borderline che stanno in Parlamento con noi. Stiamo perdendo i “nostri” amici», è l’amara riflessione che il segretario sta facendo da qualche giorno. I nomi dei frondisti, che rimbalzano nel Transatlantico semideserto di Montecitorio, sono quelli di coloro che si sono appena alzati da una riunione carbonara nel centro della Capitale. Roberto Antonione, che ieri l’altro ha formalizzato l’addio alla maggioranza; Giustina Destro, avamposto montezemoliano a Palazzo, che se n’è uscita prima dell’ultimo voto di fiducia; più Isabella Bertolini, Giorgio Stracquadanio, Guglielmo Picchi, Giancarlo Pittelli, Fabio Gava. Alcuni di loro stavano in Forza Italia dai tempi della discesa in campo. E le voci di chi sostiene che saranno una decina di «Bruto» a dare la pugnalata finale a «Silvio-Cesare», sembrano quasi voler confermare l’allarme che la deputata Nunzia De Girolamo aveva lanciato a Denis Verdini. «Denis, guarda che a furia di rincorrere i Responsabili, finirà che a voltare le spalle al Presidente saranno proprio i nostri. Quelli che stanno da una vita con lui».

Il percorso verso la caduta sembra più intricato di una partita a Shangai. I leader dell’opposizione che tengono i contatti con la fronda, a cominciare da Pier Ferdinando Casini, devono prendere ogni singola bacchetta evitando di toccare le altre. Roberto Rao, che del leader centrista è braccio destro e spin doctor, prova a smorzare l’atmosfera con una battuta che evoca le recenti “vittorie” del premier in Parlamento: «Abbiamo avuto il 14 dicembre e il 14 ottobre. Evitiamo di aggiungere il 14 novembre…». Già. Ma come gestire l’operazione che dovrebbe portare alla caduta del governo Berlusconi? Come muovere sulla scacchiera quei parlamentari che, come dice Casini, «stanno pensando di uscire dalla maggioranza»?.

Se Berlusconi non cede prima lo scettro «a Gianni Letta», uno scenario che il sito Nordest.eu attribuisce nientemeno che a Maurizio Paniz (che poi parzialmente rettifica), diventa centrale il ritorno alla Camera del rendiconto già bocciato da Montecitorio. Le opposizioni hanno concesso al blocco Pdl-Lega di aggirare la norma che impediva la riproposizione entro due mesi di un provvedimento già bocciato. «Ma questo», come hanno convenuto i capigruppo di Pd-Idv-Terzo Polo, «non significa che voteremo a favore».

L’obiettivo, come spiegano fonti centriste, è proprio quello. Far emergere la fronda (magari con una raccolta di firme contro Berlusconi) minacciando un secondo no al rendiconto, che bloccherebbe a seguire anche le misure anti-crisi. «A quel punto o il Cavaliere s’arrende oppure va sotto». L’Incidente, insomma. Ma questo è soltanto il primo passo. Il secondo sarebbe provocare una slavina all’interno del Pdl. Convincendo una fetta di deputati berlusconiani a rischio rielezione a tuffarsi nella prospettiva del governissimo sotto l’ombrello del Colle, evitando quindi le forche caudine del voto anticipato. Lì, e torniamo ai timori a cui ha dato voce Berlusconi, «sarebbe l’ora di gente come Mario Monti o Giuliano Amato».

Stavolta, con lo spread alle stelle e il G20 alle porte, è quasi scontato sostenere che la «congiura» andrà in porto. Gli uomini-macchina del Cavaliere, paradossalmente, erano riusciti a intercettare il piano. «La lettera della settimana scorsa doveva rimanere segreta», dice uno dei berlusconiani. «Poi, qualcuno che ha preferito non firmarla, ci ha fatto un favore, consegnandola all’Ansa». Una vittoria di Pirro. Una delle ultime, forse, dell’organizzazione del premier. Che s’infila nella notta buia di Palazzo Chigi accompagnato dal titolo dell’editoriale della sera che Giuliano Ferrara sforna sul sito del Foglio: «Fucilate il soldato Cav.».

Written by tommasolabate

3 novembre 2011 at 12:03

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: