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Scintille nella Stalingrado stellata. Spartaco Pizzarotti inizia a liberarsi dalla catena Grillo.
di Tommaso Labate (dall’Unità del 23 maggio 2012)
L’ultima carezza gliela dà un secondo prima di indossare idealmente la fascia tricolore. Per la precisione alle 16.34 di lunedì pomeriggio. Quando, circondato da collaboratori e cronisti, scandisce che «Beppe Grillo è come un aratro». Perché «con le sue provocazioni spacca la terra», mentre «noi iscritti al movimento lo seguiamo per seminare». In fondo, è quello che il comico genovese ha detto di sé. Quello che s’è sempre voluto sentir dire dai suoi. «È un portavoce, un megafono, non un leader politico vecchia maniera».
Ventiquattr’ore dopo, invece, Federico Pizzarotti sembra quasi il modello che posa in differita davanti a una macchina fotografica. «Prima della cura» e «dopo la cura». Di quei modelli che vogliono mostrare al pubblico quant’è efficace, «la cura». E dev’essere stata efficace assai, la «cura» di essere eletto a sindaco, se è vero che il nuovo primo cittadino di Parma abbandona la strategia delle carezze e – a poche ore dal 60 e passa per cento dei consensi ottenuti al ballottaggio – si rivolge al barbuto capo carismatico come se ne volesse prendere le distanze. Del «portavoce» e del «megafono», adesso, la Stalingrado a cinquestelle – il copyright è di «Beppe» – non ha bisogno. E men che meno il suo sindaco. Che infatti prima mette a verbale in un’intervista al Messaggero che «ho vinto io, non lui». Poi sottolinea che «non voglio i suoi consigli». E infine, come in un crescendo dannunziano, dichiara urbi et orbi che Beppe, nella città conquistata, tornerà giusto «come visita di cortesia». E l’aratro? E la voce del portavoce che non è politico vecchia maniera? E il megafono? No grazie, dice «Federico». Di un comizio di Grillo «non ne sentiamo la necessità perché porta via tempo a quello che per noi è il lavoro».
Ora è impossibile, dopo mezza giornata, tirar fuori conclusioni affrettate. Impossibile scrivere il nome di Pizzarotti sulla parte della lavagna dei “buoni” relegando Grillo sul versante del “cattivo”. Impossibile pure stabilire se un movimento come quello del comico genovese, dopo la vittoria di Parma, ha iniziato il percorso che porta dritto dritto agli scontri fratricidi che scandiscono il tempo dei partiti, soprattutto quelli nati sotto la stella del carisma di un leader solo al comando. Sta di fatto che, dopo l’elezione a sindaco, Pizzarotti si muove come uno a metà tra l’eroico luogotenente che si smarca dal Capo e il Christian de Sica che, in un film sceneggiato dai Vanzina, si sganciava da una donna ingombrante al grido di «Spartaco s’è liberato da’ catena». A metà tra l’eroico e il pecoreccio, insomma.
Chissà come l’ha presa Grillo, la storia dello smarcamento vero o presunto di Pizzarotti. Di certo c’è che sarà difficile, per il comico genovese, relegare nell’ombra il sindaco di Parma. Addirittura impossibile, forse, negargli la visibilità televisiva imponendogli di stare zitto e buono sotto lo schiaffo di sua maestà il blog. Una cosa è chiara: con le voci fuori dal coro, il comico genovese sembra avere scarsa dimestichezza. Ne sa qualcosa Andrea Defranceschi, consigliere regionale dell’Emilia Romagna, silurato dal capo per aver firmato una mozione di solidarietà all’Unità. E ne sanno qualcosa anche a Ferrara, dove Valentino Tavolazzi e la sua lista civica – che avevano il timbro di «Beppe» sin dal 2009 – sono stati silurati senza troppe scuse. Gogna pubblica, conversazione private che finiscono sul blog gestito dalla real casa di Casaleggio e tanti saluti.
Può darsi che non ce ne sarà bisogno. Può darsi che lo scontro non si riveli tale. O che si ricomponga. Ma il ruolo di Pizzarotti potrebbe renderlo immune dal trattamento fin qui destinato agli eterodossi da Grillo. Le prime mosse di «Beppe» dopo le parole di «Federico» sono un post sul blog dedicato alla città emiliana – titolo “Gnocchi fritti a Parma” – in cui evita persino di citare il neo-sindaco. E un messaggio su Twitter in cui il Capo scrive: «Vi ricordate questo video? Quasi tre anni fa, arrampicato su una statua, gridavo a tutti la nascita del Movimento Cinquestelle». Nel video si vede lui, Grillo, che esordisce così: «Gian Battista Perasso, dentro il Balilla, (nel, ndr) 1746 mandava affanculo gli austriaci. Gli hanno dedicato una via di un metro quadro, piena di motorini». E chissà che triste storia non si ripeta. Prima o poi.