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Foglietti volanti a pochi minuti dalla morte di Lucio Dalla.
Dalla e la rivoluzione:
Tra i 1979 e il 1980, Lucio Dalla firma due album che avrebbero rivoluzionato la musica italiana. Dopo i dischi “Lucio Dalla” e “Dalla”, nel pop del Bel Paese, nulla sarebbe stato più come prima.
Lucio Dalla e il cinema:
“Paff…bum”, che di fatto era la sua prima hit, figura nella colonna sonora di Bianca di Nanni Moretti. Ma in modo particolare. Il preside del fantomatico liceo Marilyn Monroe la cita nella scena in cui i professori – Nanni compreso – partono per una gita.
Ma il film che più di ogni altro ha legato le sue sorti a Lucio Dalla è Borotalco di Carlo Verdone. Non solo per la colonna sonora (L’ultima luna, Cara, Meri Luis) ma anche perché quasi tutta la pellicola ruota attorno a un concerto di Dalla a Roma.
Non è tutto. Verdone raccontò che, per la promozione del film, il produttore Mario Cecchi Gori fece mettere sulla locandina la scritta “Musiche di Lucio Dalla” in caratteri molto più grandi rispetto alla dicitura “Regia di Carlo Verdone”. Segno che la vera star era il cantante, più che il regista. (guarda video dal minuto 2:55)
Lucio Dalla e la politica:
Ascritto da quasi tutti gli osservatori alla schiera dei “simpatizzanti del Partito socialista” e di Bettino Craxi in particolare. Infatti era molto amico del figlio Bobo. Però votava Pci. Fece scalpore, a Bologna, la volta che – alle elezioni comunali – annunciò il suo voto per Giorgio Guazzaloca e non per il centrosinistra.
Lucio Dalla ha lanciato…
…tra gli altri, Samuele Bersani e gli Stadio. Quest’ultimo gruppo, anche se in pochi lo ricordano, era la band che accompagnò Dalla e De Gregori nel mitologico tour Banana Repubblic.
Lucio Dalla e le città.
Pur essendo bolognese (“Dark Bologna” è arrivata nel culmine del declino), gli sono riuscite meglio le canzoni su Milano (“Milano”) e soprattutto su Roma (“La sera dei miracoli”).
Lucio Dalla e il giallo di via Poma.
Prima di morire assassinata a via Poma, Simonetta Cesaroni aveva appuntato alcuni versi del pezzo “Siamo dei” nella sua agendina. Questi: “E per che cosa mi dovrei pentire / di giocare con la vita e di prenderla per la coda, tanto un giorno dovrà finire / e poi, all’eterno ci ho già pensato è eterno anche un minuto, ogni bacio ricevuto dalla gente che ho amato.”
Quando Nanni Moretti venne processato dai reduci di Ecce Bombo.
di Tommaso Labate (dal Riformista dell’1 novembre 2005)
Il «Belli» è un piccolo teatro nel cuore di Trastevere. Qui, domenica sera (30 ottobre 2005), un centinaio di cultori del Nanni Moretti che va da Io sono un autarchico a La messa è finita hanno assistito a una specie di miracolo. Sul piccolo palcoscenico è andata in scena la rimpatriata di alcuni dei protagonisti di Ecce Bombo, «non condotta» (come da locandina) dall’artista di strada Andrea Rivera.
C’era Paolo Zaccagnini, che da un anno ha lasciato la scrivania del Messaggero, e che nella celebre opera morettiana interpretava Vito, corpulento e barbuto impiegato parastatale con la mania del rock e delle radio libere. C’era Piero Galletti, oggi programmista in Rai, che aveva vestito i panni di Goffredo, svogliato studente universitario, il più giovane dei quattro figli della piccola e media borghesia, residuati bellici di un Sessantotto che non avevano neanche vissuto, in perenne seduta di autocoscienza. Giorgio Viterbo oggi si guadagna da vivere lavorando nel campo dell’informatica. In Ecce Bombo era l’inviato di Telecalifornia, la fantomatica emittente tv alla perenne ricerca di quei ggiovani con due g senza piazze né P38. Ggiovani come all’epoca lo era Mauro Fabbretti, uno dei due studenti che Moretti preparava all’esame di maturità. Dei due, convinti che i presidenti della Repubblica «dalla nascita ai giorni nostri» fossero stati «De Nicola… Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi», Fabbretti era il più grassottello, quello che si presentò all’attonito presidente di commissione (interpretato da Age di Age&Scarpelli) con il «poeta contemporaneo Alvaro Rissa».
Non si vedevano tutti insieme dall’8 marzo del 1978, otto giorni prima dell’agguato di via Fani, quando allo spazio Etoile di piazza San Lorenzo in Lucina (dove oggi, come dice Zaccagnini con una punta di amarezza, «promuovono l’acqua minerale») c’era stata la presentazione del film. Nanni Moretti, ieri, non s’è fatto vedere. Nessuno di loro, a dire la verità, lo vede più. Tutti avrebbero avuto qualcosa da chiedergli, trent’anni dopo. Con l’imputato in contumacia, domande senza risposte si trasformano in altrettanti aneddoti, in un “dietro le quinte” degno del contenuto extra di un dvd.
Sono le domande e i ricordi di chi voleva fare cinema ed è rimasto il personaggio interpretato in Ecce Bombo, ma con trent’anni in più. Nanni? «Come Cofferati», commentano tra di loro. «Non è stato mai di sinistra». «Un trotzkista». Durante le riprese, raccontano, un gruppo di prostitute occupava la strada in cui dovevano girare una scena. Gli attori proposero di fare una colletta per allontanarle. Tutti d’accordo tranne Nanni, che «invece chiamò la polizia. Che bisogno c’era? Magari poteva fargli fare un bel girotondo…». Il film «costò pochissimo – è Galletti che parla – Noi attori venivamo pagati 33mila lire a posa». E fu un successo di pubblico e critica. Lo incassò soltanto Moretti, che non li invitò neanche alla presentazione della pellicola a Cannes. L’unico che non si arrese fu Zaccagnini, che pur di vedere “i divi” partì lo stesso. «Nanni andò in aereo, io e un gruppo di amici in macchina».
Sulla strada del ritorno, arrivati a Roma, tanto erano presi dalla discussione sui protagonisti di Hollywood incontrati alla Croisette che fecero quattro volte il raccordo anulare senza imboccare l’uscita. Volevano, fortissimamente volevano, «fare il cinema». Zaccagnini, che dedicò a Moretti «più di trecento giorni di ferie arretrate», ripensa agli inizi del morettismo. «Eravamo un gruppo di amici. Potevamo fare una factory». Un regista, un gruppo di attori, l’America, il rock. Nanni in effetti la factory la fece, ma per i fatti suoi. Senza neanche Fabbretti, che lavorò col regista fino a La messa è finita. In quel film il sodalizio si ruppe quando durante una pausa Fabbretti alzò un po’ il gomito. Non riusciva a recitare e Moretti, in post-produzione, coprì le sue battute con una musichetta. «Nanni non mi chiamò più. Era fatto così, non beveva non mangiava, non scopava… Era impregnato di femminismo. Diceva sempre “voi uomini siete dei nazisti”. Quando lo incontro per strada nemmeno mi saluta. Anni prima, dopo Ecce Bombo, ero stato avvicinato da Alvaro Vitali che aveva appena firmato un contratto per Medusa. Mi disse “perché non ti proponi anche tu? Con quella faccia potrebbero prenderti”. Lo dissi a Nanni e lui mi rispose che se avessi firmato, non avrei più lavorato con lui. E poi è finita com’è finita… Mi ha tarpato le ali». È un po’ come se Ninetto Davoli fosse incazzato con Pasolini. Pausa. Entra in scena Vincenzo Vitobello. È forse lui il vero miracolo della serata. Gli amanti di Ecce Bombo lo ricordano come «l’amico dell’etiope» che telefonava alla radio per sfogare gli effetti «della dissociazione» e che ragionava sul rapporto tra la politica atlantista della Dc e l’ampiezza delle gallerie dell’autostrada, dove i carri armati «non c’entrano» (l’idea dell’etiope, ricorda Zaccagnini, la portò Nanni Moretti che l’aveva sentita davvero alla radio). Vitobello parla poco, interrompe il suo silenzio solo per recitare la battuta che trent’anni fa gli aveva dato il suo warholiano quarto d’ora di notorietà («Adesso la mattina quando esco faccio finta, vado a prendere un caffé e faccio finta, fumo una sigaretta e faccio finta, dico due parole in una certa maniera e
faccio finta…»). Oggi fa il bibliotecario alla Sapienza. Recita a teatro nel tempo libero, dicono sia molto bravo.
Sarebbe stato bello vedere Nanni-Michele Apicella confrontarsi con i suoi attori. Nessuno pensa che non sia venuto solo perché «così lo si nota di più». Tutti glissano la domanda sul j’accuse di piazza Navona. Forse, ma è solo un’impressione, per evitare di rispondere «chi sta parlando? Alberto Sordi?». E magari aggiungere: «Te lo meriti Alberto Sordi».