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«Che cos’è questa pagina bianca?» L’allarme della Lega sugli omissis di Tremonti

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di Tommaso Labate (dal Riformista del 30 giugno 2011)

La partita sulla manovra è ancora tutta da giocare. Ieri sera, quando l’ultima bozza di Tremonti è arrivata all’ufficio legislativo del Carroccio alla Camera, gli sherpa leghisti – di fronte all’articolo sulle pensioni – si sono fermati: «Che cos’è questa pagina bianca?».
La stessa scena si è ripetuta quando i consiglieri dei ministri Angelino Alfano e Ignazio La Russa si sono imbattuti nel comma 7 dell’articolo 21 dell’ultima versione cartacea della manovra. Nelle pagine della bozza, insomma, dove c’è scritto chiaro e tondo – sotto il titolo «Fondo sperimentale di riequilibrio» – che la “loro” Sicilia, insieme alla Sardegna, sarà chiamata a pagare un contributo pesante per i prossimi anni. Il taglio di compensazione dell’Irpef per i comuni delle due isole sarà ridotto di un miliardo per il 2013 e di due miliardi per il 2014. Il taglio alle provincie siciliane e sarde, stando al testo, sarà di 400 milioni per il 2013 e 800 per il 2014.
L’obiezione, in fondo sacrosanta, è che le lacrime e il sangue da versare sull’altare della «manovrona» da qualche parte dovranno stare. La stessa obiezione, però, si ferma di fronte ai tanti omissis di cui è corredato un testo che, a meno di colpi di scena, questa mattina sarà licenziato dal Consiglio dei ministri.
E qui si torna all’atmosfera di panico che si respira nelle stanze di Montecitorio occupate dalla Lega nord. Quelle in cui gli sherpa del Carroccio, che nella lettura dell’ultima bozza di Tremonti erano arrivati a pagina 31, hanno trattenuto il fiato di fronte a una pagina bianca, che correda il capitolo sugli «Interventi in materia previdenziale». «Nel testo che abbiamo noi, non ci sono cifre», s’è sentito dire ieri pomeriggio il capogruppo Reguzzoni. «C’è soltanto scritto che le norme decisive sulle pensioni sono “in attesa di definizione”». Circostanza che ha scatenato una guerra di nervi all’interno di una maggioranza che, adesso, è tornata a tremare. Un autorevole esponente del Carroccio, vicino al ministro Calderoli, la mette così: «La manovra che Giulietto ci ha illustrato ieri non arriva mica a coprire i 47 miliardi previsti. Significa che da via XX settembre stanno ancora giocando a nascondere le carte». Il ragionamento della fonte, lo stesso che tutto il (litigioso) gotha della Lega sottoscriverebbe in trenta secondi, prosegue così: «Se il grosso della manovra arriverà dalle pensioni o coi condoni, noi ci chiamiamo fuori e tanti saluti». Una “lettura” che fa pendant con la profezia messa a verbale martedì pomeriggio da Umberto Bossi, subito dopo il supervertice di Palazzo Grazioli: «Il governo non è al sicuro finché la manovra non sarà approvata».
Non è un caso se Giorgio Napolitano, parlando ieri coi giornalisti al rientro dalla cerimonia all’Università di Oxford, ha scelto di fare una premessa: «Vedremo che cosa arriverà dal governo». Di certo c’è che, e il capo dello Stato l’ha detto senza giri di parole, «chi prende delle decisioni oggi sulla situazione economica si prende delle responsabilità anche per domani». E ancora, sempre dalla viva voce del presidente della Repubblica: «Il 7 giugno c’è stato un documento molto puntuale della Commissione Europea, che riconosceva che lo sforzo fatto rende credibile la vigilanza dei conti fino al 2012». Ma in quello stesso documento, ha sottolineato l’inquilino del Quirinale, c’è scritto che per Bruxelles «occorrono misure addizionali per il 2013-2014».
Ma da dove arriveranno i 47 miliardi rimane un mistero. Il deputato-economista Francesco Boccia, che il Pd ha messo dietro il delicatissimo dossier, scuote la testa: «Il testo della manovra che circola da giorni è solo un depistaggio». E «depistaggio», in fondo, è la stessa parola che rimbalzava ieri tra i banchi di una maggioranza che – a dispetto della tregua di martedì – ancora non si fida di Tremonti.
Ai collaboratori più stretti, il titolare dell’Economia ha confidato che «ho la certezza che l’Unione europea approverà la mia manovra». Ma del testo definitivo, ancora non c’è traccia. Nell’ultima notte che accompagnerà la manovra da via XX settembre a Palazzo Chigi, la maggioranza trattiene il fiato. La Lega, che non pare accontentarsi dell’alleggerimento dei tagli per i comuni virtuosi e della sanatoria sulle quote latte, è in trincea sulle pensioni. Il blocco siciliani del governo (da Alfano a La Russa, da Prestigiacomo a Romano) minaccia la ressa sui tagli ai comuni delle Isole.
Veti incrociati e veleni che fanno da contorno alla clamorosa caduta che la maggioranza ha subito ieri in Aula sulla legge comunitaria. «Sono segnali preoccupanti», ha detto il Cavaliere ai suoi. Lo stesso Berlusconi che non dà per chiusa nessuna partita. Nemmeno quella sulla possibile successione a Tremonti.

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Written by tommasolabate

30 giugno 2011 at 09:50

La grande imboscata contro Tremonti. Il Cav. ha già sondato Bini Smaghi.

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di Tommaso Labate (dal Riformista del 28 giugno 2011)

Questa è la storia di una grande imboscata. Il capitolo finale di un duello che difficilmente si concluderà col segno X. Silvio Berlusconi contro Giulio Tremonti. La novità delle ultime ore, che rimbalza dall’inner circle del Cavaliere, evoca già l’ipotesi di un cambio della guardia a via XX settembre: «Berlusconi ha già sondato il possibile successore di Giulietto: Lorenzo Bini Smaghi».
Sembra un episodio uscito dalla vecchia serie tv Ai confini della realtà. Soprattutto considerando che i paletti imposti dall’Europa con il nuovo Patto di stabilità, per il nostro Paese, non cambiarebbero al cambiare del ministro che dovrà apporre la sua firma sulla manovra. Ma, stavolta, non si tratta di un telefilm. Bensì del «tranello» che un Berlusconi affetto da “Tremontite acuta” sta per tendere al “nemico Giulietto”.
Il capitolo finale del duello tra il presidente del Consiglio e il suo ministro dell’Economia viene girato in più location e spalmato in più date. Venerdì, il set è Bruxelles. Sabato si “gira” a Torre in Pietra, al matrimonio di Mara Carfagna. Domenica, invece, il protagonista è apparentemente un comprimario, Guido Crosetto. Il sottosegretario che, a cominciare da una telefonata con l’Ansa, attacca le bozze tremontiane della manovra economica archiviandole alla voce «roba che andrebbe analizzata da uno psichiatra». Ieri, invece, la scena principale è a via Bellerio, Milano. Dove Umberto Bossi, a conclusione della segreteria politica del Carroccio, rifila il suo siluro a “Giulietto”: «La Lega», è la sintesi del ragionamento del Senatur, «non può appoggiare una manovra che preveda tagli ai comuni senza compensazioni».
La chiave del “giallo”, la stessa che spinge privatamente il Cavaliere a osare laddove non aveva

Lorenzo Bini Smaghi

mai osato («Stavolta, se Giulio minaccia le dimissioni, finisce che le accetto») è nella scena di Bruxelles. Stando all’autorevole versione che circola ai piani alti di Palazzo Chigi, venerdì Berlusconi avrebbe offerto a Bini Smaghi un posto nel governo. Il senso dell’invito che il premier avrebbe rivolto al membro del board della Bce suona più o meno così: «Lei entrerebbe nella mia squadra per dare maggiore autorevolezza all’esecutivo in un momento cruciale per l’Italia?». La proposta di «Silvio», che in quel momento pare voler “ridimensionare” il frontman Tremonti, pare orientata alla copertura della casella, ancora vacante, del ministero delle Politiche comunitarie. Un ruolo di seconda fascia, soprattutto per un pezzo da novanta del calibro di Bini Smaghi. Che, infatti, rifiuta. Ma visto che la proverbiale ostinazione del Cavaliere non si ferma di fronte a nessun ostacolo, ecco che i berlusconiani che accolgono il Capo al ritorno da Bruxelles non danno per chiusa alcuna porta. Anzi. «Stavolta non subiremo i ricatti di Tremonti. Anche perché possiamo sostituirlo», dice uno della cerchia ristretta del premier evocando Bini Smaghi. Parole che fanno pendant con la sibillina dichiarazione che il premier aveve rilasciato venerdì in conferenza stampa: «Non posso dire nulla su quello che sarà il nuovo impegno professionale di Lorenzo Bini Smaghi perché ne stiamo trattando».
A tenere protetta “l’imboscata” contribuisce non poco la partita sulla successione di Mario Draghi. Ma è un equivoco, visto che Bini Smaghi sembra ormai fuori dalla short list per Palazzo Koch. Sia come sia sabato, durante il matrimonio della Carfagna, il premier fa capire a qualche commensale di avere un possibile «sostituto» di Tremonti. E lascia anche intendere che secondo lui, “Giulietto”, ha ormai perso «l’appoggio incondizionato di Bossi».
Il puzzle prende forma domenica, con le accuse che Crosetto rivolge pubblicamente a Tremonti. Le bozze della manovra? «Andrebbero analizzate da uno psichiatra». E il ministro? «Vuol solo far saltare banco e governo». Al ministero dell’Economia, alla fine del week-end, fiutano che qualcosa non torna. Della serie, se un sottosegretario dà praticamente del “matto” al ministro più potente del governo, e senza che il premier prenda le distanze, un motivo ci sarà.
Quel motivo lo si trova a via Bellerio. Dove, ieri pomeriggio, Bossi ha chiuso la riunione della segreteria del Carroccio anticipando l’aut aut che oggi opporrà Tremonti: «La Lega non accetta una manovra che abbia tagli agli enti locali senza compensazioni».
L’opposizione fiuta quello che sta per succedere. «Tremonti? Non lo vedo allegrissimo», dice Bersani. «L’unica cosa certa è che c’è un’imboscata al ministro dell’Economia. Dal prossimo Cdm uscirà il nuovo ministro?», mette nero su bianco l’economista-deputato del Pd Francesco Boccia.
Sono tutte analisi che hanno un fondamento. A cui mancano però quei “dettagli” (virgolette d’obbligo) che i berlusconiani della cerchia ristretta attribuiscono al «Capo». Quella chiacchierata di venerdì con Bini Smaghi. E l’ombra del membro del board del Bce sul ministero dell’Economia, insomma.

Written by tommasolabate

28 giugno 2011 at 07:38

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