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I colleghi lo temono. E lui, Giulio, confessa alla Bindi: “Rosy, non sai quanto ti invidio”

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di Tommaso Labate (dal Riformista del 13 aprile 2011)

Giulio TremontiÈ la bionda Stefania Prestigiacomo, sua nemica giurata, ad aprire le danze: «Che cos’è, domani quello viene in consiglio dei ministri a varare qualche manovrina economica senza avvertire nessuno, come al solito?».

Sembra una di quelle rarissime classi disciplinate, in cui gli studenti stanno composti anche quando il maestro è assente. Mancano per l’appunto il maestro, Silvio Berlusconi, e un assente giustificato, Franco Frattini, impegnato in Lussemburgo con gli altri ministri degli Esteri. Il resto della squadra di governo è tutta al proprio posto, nell’Aula di Montecitorio, a “marcare” l’approvazione del processo breve caro al maestro. L’armonia dura fino a che la Presigiacomo non solleva i suoi dubbi sull’esame del documento di economia e finanza nonché sul Piano nazionale delle riforme, che oggi saranno al vaglio di un Consiglio dei ministri che si riunirà alla Camera. «Quello ci farà uno dei suoi soliti scherzi?», è il ritornello che la bionda titolare dell’Ambiente affida alle orecchie poco discrete di alcuni suoi colleghi.

Quello, che non ha certo bisogno di presentazioni, è Giulio Tremonti. L’uomo su cui si addensano sistematicamente i sospetti di mezzo governo, soprattutto dopo il ticket Berlusconi-Letta ha perso la sponda di Cesare Geronzi nel salotto buono della finanza nostrana. L’uomo del «rigore» e dei cordoni della borsa rigorosamente sigillati, insomma.

Quando «Stefy» e altri ministri ne parlano male, lui, l’ultimo successore di Quintino Sella a via XX settembre, è impegnato nella prima delle tante chiacchierate «eterodosse» (la definizione, tra il perfido e l’ironico, è di un suo collega di governo) in cui s’è intrattenuto ieri. Che «Giulio» non sia contento di stare in Aula a «perdere tempo» si vede lontano un miglio. E così, quando incrocia Rosy Bindi, le sussurra in un orecchio: «Rosy, non sai quanto ti invidio». «E perché?», replica la pasionaria del Pd. «Perché rimpiango la legislatura passata, quando facevo il vicepresidente della Camera. Credimi», insiste Tremonti, «stavo molto meglio di oggi». «Perché avevi meno rogne, caro Giulio», è la controreplica della Bindi.

Rosy BindiChe trami alle spalle del Cavaliere oppure no, resta il fatto che ogni mossa di Tremonti viene sempre vista con sospetto. E così, quando s’avvicina al “frondista” Claudio Scajola, suo acerrimo (ex?) nemico per una chiacchierata, Dagospia gli dedica l’apertura dell’home page. Titolo: «Gli ultimi giorni di Pompei». Sommario: «Di cosa confabulano per 22 minuti, oggi a Montecitorio, Tremonti o Scajola? Le conseguenze per il Cainano si potranno vedere in futuro, o anche domani».

Una cosa è certa. La full immersion di ieri alla Camera dimostra quello che Radiotransatlantico sostiene da tempo: tra i banchi dell’opposizione, Giulio Tremonti rimane una star. Di più, è l’unico esponente della maggioranza a essere apprezzato da Bersani, Fini, Casini e financo da Di Pietro, con cui “dialoga” attraverso il professor Vincenzo Fortunato, il suo capo di gabinetto che ha ricoperto lo stesso incarico per «Tonino».

Quale sarà il punto di caduta della «settimana incandescente» evocata da Gianni Letta non è dato saperlo. Ma se il castello di carte berlusconiano crollasse, l’unico nome per la guida di un governo di transizione sarebbe quello di Tremonti.

Alle 18.14, quando l’aria dell’emiciclo di Montecitorio gli dev’essere sembrata irrespirabile, «Giulio», versione ipersorridente, dribbla tutti i colleghi della maggioranza che gli capitano a tiro e raggiunge Enrico Letta nel cortile interno. I due chiacchierano per una decina di minuti. Fino a che, al tandem Tremonti-Letta jr., non si aggiunge Walter Veltroni, che quando vede il ministro dell’Economia abbandona il quasi ex finiano Andrea Ronchi alla compagnia di Marco Minniti.

«Giulio», «Walter» ed «Enrico» fanno giusto in tempo a tornare in Aula per godersi un piccolo momento storico. Alle 18.39, quando il pd Roberto Giachetti attacca Gianfranco Fini per non aver concesso la parola alle opposizioni dopo l’intervento di Angelino Alfano, dai banchi di Pdl e Lega arrivano applausi all’indirizzo del presidente della Camera. Sono i primi dopo oltre un anno. Poi ci sono i brusii di Palazzo. Su Ronchi e Urso, che starebbero pensando di anticipare l’addio a Fli. Sui Responsabili, che stanno per diventare un partito vero e proprio. Sulla prescrizione breve, la cui approvazione passa attraverso altri attimi di palpitazione. A Roma, nel bel mezzo del corridoio dei passi perduti, il centrodestra trattiene ancora il fiato. Se la passano meglio i pidiellini di Milano, dove una mozione di Nicole Minetti contro i parrucchieri abusivi ha passato tranquillamente il vaglio del Consiglio regionale.

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Written by tommasolabate

13 aprile 2011 at 12:24

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