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La lista dei «dead vitalizio walking». Dalla Mussolini a Cosentino, passando per la Melandri. Ecco chi ha paura della tagliola sulle onorevoli pensioni.
di Tommaso Labate (dal Riformista del 13 dicembre 2011)
Qualcuno li ha già ribattezzati i «dead vitalizio walking». Sono i deputati che stanno nella lista, in possesso dei presidenti delle Camere (e del Riformista), di coloro che dal 2013 rimarranno (e a lungo) senza vitalizio. Da Mussolini a Cosentino, passando per la Melandri.
Scriveva Victor Hugo ne I miserabili che fortuna è «una cosa schifosa». E che la «sua falsa rassomiglianza col merito inganna gli uomini». Una magra, magrissima, consolazione per molti dei sessantasei deputati sfortunati che, come recita il foglietto che circola alla presidenza della Camera, «sono interessati dal posticipo della decorrenza dell’assegno vitalizio». Quelli che, quando tra pochi giorni scatterà la tagliola voluta dal governo e dal tandem Fini-Schifani, dovranno aspettare di compiere sessant’anni prima di godersi l’assegno della pensione. Si tratta di parlamentari di lungo corso, eletti per la prima volta già prima della vecchia riforma dell’onorevole previdenza. Gli stessi che, dal primo gennaio 2013, avranno una sola speranza: essere ricandidati e rieletti. Altrimenti, zac. Per la pensione dovranno aspettare anni e rimediare un’altra fonte di reddito. Quasi come i cittadini normali.
Alessandra Mussolini, ad esempio, potrà festeggiare l’assegno del vitalizio praticamente in concomitanza col capodanno 2023. E col suo sessantesimo compleanno, previsto per il 30 dicembre del 2022. Fino ad allora, nisba. Visto che oggi chiede «l’abolizione del vitalizio e dell’indennità», l’onorevole del Pdl sarà senz’altro contenta. Anche perché di ricandidatura, visto che i suoi giri in Parlamento sono arrivati a cinque, pare che non se ne parli. Più agevole, ma neanche troppo, l’attesa di Nicola Cosentino, il deputato pidiellino di Casal di Principe. Per cui l’assegnone scatterà nel momento esatto in cui spegnerà le sessanta candeline, il 2 gennaio 2019.
Nella lista dei «dead vitalizio walking» c’è anche Giovanna Melandri, anche lei alla quinta legislatura. Che, come l’onorevole Mussolini, potrebbe dover aspettare la pensione fino al 2022. Al netto di ricandidature, aspetteranno l’assegno anche Ferdinando Adornato (per lui scatterà nel 2014) e Valentina Aprea (2016). Molto più lunga sarebbe l’attesa di Italo Bocchino (sessant’anni nel 2027), di Franco Frattini (2017), di Alberto Giorgetti (2027) e del suo omonimo leghista Giancarlo (2026), e dell’altro finiano Roberto Menia (2021). E ancora, tra gli altri, rischiano la siciliana Stefania Prestigiacomo (2026), il bergamasco Giacomo Stucchi (2029) e il varesino Luca Volontè (2026). Senza dimenticare il leghista Daniele Molgora (2022).
Nella lista dei sessantasei (11 del Pd, 30 del Pdl, 8 del Terzo Polo, 9 della Lega, 7 del Misto, 1 dell’Idv) trovano spazio anche due deputati che, avendo interrotto la loro presenza in Parlamento per una o più legislature, sono già titolari del vitalizio: si tratta di Walter Veltroni e del dipietrista Fabio Evangelisti. Inoltre, anche se ovviamente non sono a rischio ricandidatura, tra coloro che rimarrebbero senza pensione per anni ci sono due dei più agguerriti (e sinceri) sostenitori della “tagliola”: il presidente della Camera Gianfranco Fini e uno dei suoi predecessori, Pier Ferdinando Casini.
Sembra di stare davanti a un paradosso. Di fronte a uno dei pochi casi della storia dell’universo che smentirebbe la teoria alla Catalano sul «meglio essere giovani che vecchi». Qui no. Più vicino sei ai sessant’anni, prima arriva il vitalizio. Come sanno benissimo Beppe Giulietti e Gennaro Malgeri, che alle brutte aspetterebbero pochi mesi (2013). O Livia Turco, a cui invece toccherebbe un’attesa di due anni (2015).
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