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E Long John giurò all’Oceano: “Tornerò da presidente”

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di Tommaso Labate (dal Riformista del 14 ottobre 2006)

La malelingue che lo conoscono bene dicono che sia sempre stato bravo a ordire complotti. E lui, Giorgione Chinaglia, non ha mai fatto nulla per nascondere la sua innata propensione alla congiura. Anzi. Nell’autunno del 1981, ospite di un programma sportivo che andava in onda su Telemontepenice, una televisione locale di Pavia, Long John prese il microfono e iniziò a raccontare la vigilia di quell’Italia-Argentina del mondiale 1974. La sua vigilia. Uno s’immagina la tensione del prepartita, l’emozione del ragazzino con la maglia azzurra, un sogno che si coronava, la notte insonne. Macché. Giorgione era in tutt’altre faccende affaccendato. “Il giorno prima dell’incontro ci fu una riunione segreta alla quale parteciparono tutti i convocati ad eccezione di Rivera e Mazzola. Dopo una lunga discussione giungemmo a un accordo unanime. L’indomani, contro l’Argentina, doveva scendere in campo soltanto uno dei due. O Gianni o Sandro. Fui proprio io – raccontò agli esterrefatti giornalisti pavesi – a riferire a Valcareggi quanto aveva deciso l’intera squadra”.

Ma il ct se ne infischiò delle parole di Chinaglia, che aveva sostituito nella partita precedente contro Haiti (beccandosi in cambio il “vaffa” in mondovisione di Long John), e fece la scelta opposta. Giocarono sia Gianni che Sandro. Finì 1-1 e addio qualificazione al girone successivo. Trentadue anni dopo quel complotto, Giorgione si ritrova tra capo e collo un ordine di arresto per estorsione e aggiotaggio. Per un’altra congiura, secondo i pm messa in piedi – tra gli altri – con alcuni capi degli Irriducibili ultras della Lazio.

L’obiettivo era mettere a ogni costo le mani sul club biancoceleste e sottrarlo al presidente Claudio Lotito. Long John sostiene di “cadere dalle nuvole”. Lotito oggi tace. Ma fino a qualche mese fa, il presidente della Lazio ce l’aveva addirittura con Beppe Pisanu. “Che ne sai tu di come vivo io? Che ne sai tu delle minacce che ricevo ogni giorno?”, borbottava ascoltando il ministro dell’Interno che magnificava l’efficacia del suo pacchetto sulla sicurezza degli stadi durante un convegno sulla riforma del sistema calcio che si svolgeva a Roma in un hotel di via Veneto.

Mike Eruzione, leggende dell'hockey e cognato di Chinaglia.

Per i laziali, Chinaglia è una leggenda vivente. Per gli statunitensi, più semplicemente, è il cognato di una leggenda vivente. Prima di trasferirsi negli States per giocare con i Cosmos di New York (dove ha giocato con Pelè e Beckenbauer), Giorgione aveva sposato la sorella di Mike Eruzione, giocatore di hockey e soprattutto autore del gol decisivo con cui gli Usa vinsero il torneo delle olimpiadi invernali del 1980. La finalissima era contro l’Unione Sovietica. Ancora oggi, oltreoceano, quella sfida decisa dal cognato di Long John è nota come the miracle on ice. Il miracolo sul ghiaccio. Su quella partita di hockey hanno fatto ben due film…

E non c’è solo Eruzione. La storia di Long John è ricca di incontri con leggende (o consanguinei di). Come quella volta che a Cardiff, dove la sua famiglia era emigrata dopo aver lasciato Massa, il tredicenne Chinaglia, calciatore da campi di parrocchia, venne notato da Mel Charles, fratello del mito juventino John. Fu Charles a segnalare Giorgione allo Swansea, una squadra delle categorie inferiori britanniche. Poi, tornato in Italia, fu prima Massese e poi Lazio, Lazio e solo Lazio. Croce, delizia ma soprattutto l’ossessione di Long John. Un’ossessione che ora rischia di costargli cara.

Lo “sfizio”, a dire il vero, Chinaglia se l’era già tolto ancor prima di appendere definitivamente gli scarpini al chiodo. A New York, guardava l’Oceano e pensava a Roma. Probabile che avesse contratto il virus della saudade direttamente da Pelè. “Un giorno, per farmi forza, mi dissi che sarei tornato alla Lazio da presidente”. E presidenza fu. Ma l’incarico e la ritrovata visibilità gli diedero un po’ troppo alla testa. Una sera, durante l’inaugurazione di un night club un po’ troppo affollato, Giorgione, pur di rimediare un tavolino, attaccò Gianni De Michelis al grido di battaglia “lei non sa chi sono io”. La spuntò il ministro socialista. Non va meglio sul prato verde. La Lazio retrocesse in B dopo due stagioni. Dopo una partita contro l’Udinese, Long John in versione Clint Eastwood (ma con l’ombrello al posto della pistola) tentò un’aggressione all’arbitro Menicucci. In un’altra occasione, deluso dal comportamento dei biancocelesti in campo, si presentò armato nello spogliatoio spaccando una quantità indefinita di bottiglie. Tutto questo prima abbandonare una società ormai piena di debiti. Fu l’inizio del baratro.

Dopo essere stato indagato per evasione fiscale, nel 1990 Giorgione tornò sui campi di calcio vestendo la maglia del Villa San Sebastiano (frazione di Tagliacozzo nella Marsica), in seconda categoria. All’esordio, segna due dei tre gol con cui la sua squadra stende lo Sgurgola. Nel frattempo aveva fallito l’impatto con il mondo della politica. La Dc lo aveva candidato alle regionali del Lazio, ma non era andato oltre il primo posto (dei non eletti, s’intende). Ci riprovò alle europee del ’99, candidato (ancora perdente) del Ppi. Da ieri è latitante, giura che tornerà in Italia. Nella sua (presunta) storia recente, scritta in un’ordinanza di custodia cautelare, ci sono aggiotaggi ed estorsioni, misteriosi ungheresi e noti boss della camorra, delinquenti travestiti da tifosi. Congiure e complotti. Ma stavolta non c’entrano né RiveraMazzola. E soprattutto non c’è stato un Valcareggi a fermare l’innato vizietto di Long John.

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Written by tommasolabate

1 aprile 2012 at 17:57

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