Ho letto un’intercettazione di me stesso. E ho scoperto che ero omofobo, sessista e anche un po’ omicida.
Faccio una premessa. Perché da quando ho scritto scherzando su Twitter che alla maturità preferivo un tema su Becchi a uno su Magris, e qualcuno m’ha risposto dandomi del grillino, ho capito che le premesse sono fondamentali e che ci sono persone a cui le barzellette vanno spiegate.
Vengo da una zona del Paese martoriata dalla criminalità organizzata e sono cresciuto nel mito dei magistrati uccisi nel tentativo di liberarcene. Anche per questo, con chiunque pensi che Giovanni Falcone sia “fango” non prenderei neanche un caffè.
Esaurita la premessa, vado al dunque. Con un paio di cose a caso. Chiunque mi conosce bene sa quanto tengo all’allargamento all’infinito dei diritti degli omosessuali. Sono a favore dei matrimoni gay e anche delle adozioni. Ho firmato petizioni, scritto articoli, di recente addirittura messo la faccia su una sacrosanta campagna a favore di una legge contro l’omofobia. Eppure, se qualcuno intercettasse il mio telefonino, sicuramente prima o poi si imbatterebbe in un me incavolato a morte che do del “frocio di merda” a mio fratello, a un mio amico, o che lo dico di una fonte che non m’ha risposto al telefono per lavoro, o di un politico, di un collega. Da qui la domanda. Se lo leggeste sui giornali, il mio “sei un frocio di merda” pronunciato in una conversazione riservata, mi scambiereste per omofobo? Oppure le petizioni, gli articoli, il mio decidere di fare il testimonial per una campagna anti-omofobia mi salverebbero dal severo giudizio dei detrattori?
Facciamone un altro, di esempio. Chi mi conosce sa che sono un ragazzo buono. Che non augurerebbe una cosa brutta neanche al peggiore dei nemici. Sono infatti contrario alla pena di morte, al punto da considerarla la peggiore delle aberrazioni che si concedono anche alcuni stati democratici. Eppure ve lo garantisco. Se aveste intercettato le mie conversazioni riservate, qualche “quello stronzo deve morire” “quel pezzo di merda deve fare una brutta fine”, anche in questo caso rivolto magari a mio fratello o a un collega o a un amico che m’aveva fatto incazzare, l’avreste trovato. Ma a leggerlo sui giornali, che pensereste di me? Che sono uno che potrebbe augurare la morte anche agli affetti più cari? O sareste in grado di valutarmi sulla base di quello che sono, sulla base di come mi conoscete?
Per non parlare di quel grande tema che riguarda “la condizione della donna”. Ci sono centinaia di donne, a cominciare da mia mamma, che possono testimoniare quanto il sottoscritto sia la persona più lontana possibile da quello che viene definito “un sessista”. Eppure, anche in questo caso, non escludo di aver dato al telefono della “troia”, della “zoccola” o della “mignotta” a questa o quella persona, magari in un impeto d’ira, magari anche rivolgendo o riferendo il becero epiteto a una persona a me cara. Ma se questi insulti li leggeste sui giornali, durante la pubblicazione di un’intercettazione che non comporta alcun reato, davvero pensereste di me che sono un sessista? Davvero quella conversazione farebbe più testo di come mi sono comportato per una vita intera?
Con questo post, sia chiaro, non difendo Fabrizio Miccoli. Anche perché uno che frequenta mafiosi sarà anche giudicato dalle sedi competenti. Ma non avrà mai la mia stima né tantomeno la mia difesa.
Con questo post, però, vi invito a riflettere. Sulla grande differenza tra chi siamo e che cosa diciamo al telefono. Vi invito a usare la testa e il buon senso. Vi invito a distinguere. Il vero dal falso. Basta un poco di buona fede nei confronti del prossimo. Non ci vuole tanto.
Scappo. Mi squilla il telefono.
sacrosanta ragione, così come dobbiamo distinguere da chi parla in un modo e agisce in un altro. La nostra società, però, ci ha abituati a ragionare per frame, input immediati che devono collocare una persona o una cosa in una scaffale del nostro cervello. Siamo stati abituati a non dover usare le sinapsi e a scomodare poco il nostro cervello e, soprattutto, la nostra coscienza. Quindi, dopo la moda della cura del corpo ad ogni costo, della cura dell’immagine prima di qualsiasi altra cosa, cominciamo a riscoprire la cura del discernimento, nutriamo il nostro cervello e diamogli la possibilità di rendersi elastico, di valutare ogni cosa criticamente …e a proposito, critica non significa solo disapprovazione ma anche giudizio, valutazione, analisi ….
Raffaella
27 giugno 2013 at 13:08
Caro Tommaso, qui in America questo discorso non potrebbe neanche essere affrontato. Sei quello che dici, vedi il caso della chef Paula Deen alla gogna mediatica da giorni per aver usato la N word qua e là, come tutto il resto dei Southerners. Il tuo punto di vista è interessante.
theitalien
27 giugno 2013 at 13:26
Non ho capito però cosa c’entrino gli esempi di questo post con quello che è successo a Miccoli. Insultare Falcone al telefono con il figlio di un boss è paragonabile ad uno sfogo contro una persona che ci ha fatto arrabbiare?
Cioè, alla fine di questo post la domanda che rimane è “e quindi?”.
Andrea Zitelli
27 giugno 2013 at 14:40
Trovo molto interessante l’articolo, e lo condivido in pieno. Credo però che il punto centrale è il contesto telefonico, con chi si parla e di chi si parla. Se lei augurasse la morte di qualcuno parlando con un famoso killer, e poi quel qualcuno ha un incidente…… io penserei male. Se lei parlasse con un certo Silvio e parla di prostitute….. io potrei pensare male. Se lei parlasse con un deputato leghista ultimamente espulso dal gruppo al parlamento europeo e riferendosi a Nichi Vendola con epiteti del tipo ” frocio di merda” io penserei male. Esiste sempre il contesto.
alessio
27 giugno 2013 at 14:59
Ciao Tommaso,
inizio anch’io con una premessa: quello che diciamo al telefono attiene alla sfera privata e non dovrebbe mai essere divulgato a un pubblico più vasto del nostro interlocutore diretto.
Detto ciò, credo che il nostro linguaggio dovrebbe essere lo specchio fedele delle nostre convinzioni più intime, o, quanto meno, non dovrebbe “tradirle”, in particolar modo quando queste convinzioni riguardano argomenti così delicati e controversi come omofobia, violenza e discriminazione sessuale. Quello che sto cercando di dire è che chi vuole combattere affinché certi atteggiamenti abominevoli scompaiano dalla nostra società, dovrebbe in prima persona cercare di eliminarli dal proprio cervello, a prescindere dalla forma e dal contesto in cui poi questi si manifestano.
Lungi da me l’intento di dare lezioni di moralismo, sono la prima che lotta contro se stessa per evitare certe imprecazioni. Ma mi faceva piacere condividere questo pensiero perché sono davvero convinta che per cambiare attitudini così pericolosamente radicate sia necessario un intervento drastico, anche su noi stessi.
Ciao e grazie per lo spazio.
Lavinia
Lavinia
27 giugno 2013 at 15:04
caro Tommaso , penso che il contesto che hai usato per esprimere un’opinione sul pericolo che corriamo, legato alle nostre abitudini dialettiche,quando pensiamo di non essere ascoltati, non è dei più calzanti.
Il nome di Falcone è sacro, e non si nomina invano
Mentre gli esempi che tu hai riportato potrebbero essere giustificati.
Dico potrebbero perchè l’abitudine allo sproloquio è dilagante e dovremmo porre freno e imparare a misurare le parole in qualsiasi situazione.
Hai imparato negli anni a stare in equilibrio sulla bicicletta, a nuotare e a scrivere e lo fai sempre bene (forse essendo tua madre questo non dovrei dirlo)
Perchè non allenarsi a moderare i termini anche nell’intimità di un dialogo?
Non vale ancora il detto ” la calma è la virtù dei forti”?
m.beatrice circosta
27 giugno 2013 at 17:56
[…] Il post di questa mattina, lo stesso in cui ho confessato di aver letto le mie stesse intercettazioni telefoniche, ha suscitato una quantità industriale di commenti, messaggi, interazioni, sms, whatsapp e via elencando. Ai quali ho risposto, a onor del vero, tenendomi alla larga da qualsivoglia turpiloquio. […]
La critica di mamma sul figlio auto-intercettato. | tommaso labate
27 giugno 2013 at 18:12
Io contesto chiunque parli del contesto. Ma quale contesto, ma quali distinguo, quella è un’indagine e la norma è chiara, tutto ciò che non è funzionale all’indagine va distrutto. Cosa c’è di utile all’indagine, e non invece allo sputtanamento, in quelle parole?
Poi vabbè, basta dire che per distruggere le intercettazioni di un presidente della repubblica in carica c’è voluta la corte costituzionale e ci abbiamo messo mesi. Cosa può pretendere un calciatore?
John Doe
27 giugno 2013 at 18:42
L’ha ribloggato su The Brontolon Post.
batsalegio
28 giugno 2013 at 06:46
Buongiorno,
La contatto tramite commento perché non ho trovato altro modo per farlo.
Vorrei farle conoscere il servizio Paperblog, http://it.paperblog.com che ha la missione di individuare e valorizzare i migliori blog della rete. I suoi articoli mi sembrano interessanti per i lettori del nostro magazine e mi piacerebbe che lei entrasse a far parte dei nostri autori.
Sperando di averla incuriosita, la invito a contattarmi per ulteriori chiarimenti,
Silvia
silvia [at] paperblog.com
Responsabile Comunicazione Paperblog Italia
http://it.paperblog.com
silvia
19 novembre 2013 at 16:20