«Allarme Moody’s». Paura nel governo. Pronto il pressing per il «passo indietro» del Cav.
di Tommaso Labate (dal Riformista del 16 settembre 2011)
Neanche il tempo di tirare le somme al termine dell’ennesima giornata devastante. In serata, nello stato maggiore del Cavaliere arriva la paura di un imminente declassamento da parte di Moody’s del rating italiano.
È da un paio di giorni che l’allarme sta togliendo il sonno agli sherpa della maggioranza che monitorano i rischi del post-manovra. Qualcuno ha anche provato a sottoporre il tema all’attenzione del presidente del Consiglio. Ma senza successo. Da ieri pomeriggio, però, l’incubo sembra aver superato la soglia di rischio. Un berlusconiano vicino alla prima cerchia di potere lo dice con nettezza. «Se nel fine settimana Moody’s declassa il debito italiano, per il governo potrebbe essere davvero l’inizio della fine».
L’inizio di una fine molto rapida. Tanto rapida da poter aprire il dibattito su quel «passo indietro» che il Cavaliere – nonostante la moral suasion di alcuni degli amici si sempre (Fedele Confalonieri e Gianni Letta) – ha sempre rifiutato di prendere in considerazione. Se l’allarme sul declassamento di Moody’s si rivelasse fondato, se davvero l’agenzia statunitense declassasse il debito italiano, allora le aste dei titoli di stato in programma nelle prossime settimane continueranno a essere disertate dagli investitori stranieri. In fondo, è lo stesso scenario che soltanto il deputato-economista del Pd Francesco Boccia ha avuto il coraggio di mettere a verbale: «Un downgrade del debito italiano, subito dopo l’approvazione definitiva della manovra, non sarebbe solo un segnale economico. Ma un segnale politico di sfratto all’esecutivo Berlusconi».
Dentro il blocco Pdl-Lega stanno facendo i conti con la realtà. «Non possiamo morire appresso al berlusconismo», continua a ripetere Roberto Maroni ai suoi uomini. E questi ultimi, al contrario della prudenza delle ultime settimane, stanno per alzare il livello dello scontro. L’europarlamentare Matteo Salvini, ieri sera, l’ha addirittura messo a verbale durante una trasmissione di Radio Lombardia: «Berlusconi ha esaurito il suo mandato, ha esaurito la voglia, la possibilità e la forza». Un avviso di sfratto in piena regola, insomma. Che fa pendant con la voglia dei leghisti vicini al titolare del Viminale di sfruttare il voto segreto (lo chiederanno Italia dei valori e i finiani di Fli) sull’arresto di Marco Milanese per creare «l’incidente».
Probabilmente i maroniani saranno i primi a uscire dai blocchi. Ma il loro non è l’unico gruppo della maggioranza che sta riflettendo su una rapida uscita di scena del Cavaliere. Dentro i confini del Pdl, l’appello di Beppe Pisanu sta raccogliendo sponsorizzazioni inaspettate. Alcune addirittura sorprendenti. Come quella dello storico avvocato del premier Gaetano Pecorella. Che ieri sera, rispondendo alle domande di Giuseppe Cruciani durante la Zanzara su Radio24, ha detto testualmente: «Ci vuole un nuovo governo di larghe intese, anche senza Berlusconi, con un presidente del Consiglio che sia un politico». Perché, ha aggiunto, «in una situazione di emergenza ci vuole un governo di emergenza».
Pecorella fa un passo in più. Spiega che, secondo lui, Berlusconi dovrebbe presentarsi di fronte ai magistrati di Napoli perché «un testimone è un testimone» e «il Codice non prevede eccezioni». Ma la novità della sua uscita riguarda l’esecutivo di responsabilità nazionale, guidato da un politico e non da un tecnico. Il nome che ha in mente? Semplice. È quello di Angelino Alfano. Il segretario del Pdl continua pubblicamente a insistere per la permanenza in sella di Berlusconi. In privato, però, l’ex guardasigilli è sempre più assediato da chi gli suggerisce di fare «un passo in avanti». La fila è lunga: dal ministro degli Affari Regionali Raffaele Fitto al vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, passando per il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto. «Tutta gente», malignano ai piani del gruppo pidiellino della Camera, «che nel segreto dell’urna voterebbe senza problemi a favore dell’arresto di Milanese».
E si ritorna all’«incidente» parlamentare, alla prima data utile – giovedì prossimo, a Mezzogiorno – per far saltare il banco. Prima di questa data, però, di “sessioni di lavoro” per l’eventuale ascesa di «Angelino» a Palazzo Chigi ce ne saranno almeno un paio. Oggi, a Polignano a Mare, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, Pier Ferdinando Casini, Beppe Fioroni e Raffaele Fitto si riuniranno attorno al tavolo di un convegno dal titolo Quale Italia vogliamo?. Sono tutti possibili sponsor di Angelino. Compreso il pd Fioroni, pronto a smarcarsi dal suo stesso partito (che in blocco preme per un governo Monti). Al punto che domenica, insieme ad «Angelino» in persona, l’ex ministro del governo Prodi sbarcherà a Verona per ascoltare l’intervendo del cardinal Bertone al primo Festival della dottrina sociale.
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